Paolo Di Paolo, Una storia quasi solo d'amore

Leggere Una storia quasi solo d'amore è come ritrovare sepolto in soffitta un ricordo lontanissimo, tenuto nascosto da lenzuola impolverate e cianfrusaglie, messo lì un po' per proteggerlo, un po' per sperare di dimenticarsene per sempre perché troppo doloroso da riportare alla mente. In poche parole: l'amore, ma da giovani. Quando è veramente quasi solo amore. 

"Così, soddisfatto e fiero, ha pranzato di gusto, ha brindato, con un'allegria fuori misura, che - più spesso del previsto - agganciava il pensiero di lei. Nel torpore della digestione, mentre Canale 5 mandava in onda 12 volte Natale e tutto quello zucchero newyorkese stranamente non lo disturbava, né lo aiutava a tenere gli occhi aperti, ecco, al quarto o quinto Natale di loro due (aveva perso il conto), quando Jack dice a Kate ehi, aspetta, ti va di prendere un caffè?, e sono avvolti in uno scintillio irreale, si è deciso a scriverle. Il pensiero è stato corto, ha digitato una frase tipo: i campanelli, alla fine, li ho sentiti. Ha aggiunto una faccetta sorridente, si è messo ad aspettare. Senza ansia: concludendo, all'improvviso, che sì, sì, era stato proprio un bel Natale. Mentre il film finiva, Nino si è addormentato e il sonno l'ha traghettato oltre l'ora di cena: svegliarsi è stato come tornare al mondo avendo nove anni. Perché l'albero gli luccicava ancora accanto, perché se ne stava al caldo sotto una coperta morbida, perché sua madre gli ha chiesto se aveva voglia di una tazza di latte o di tè. Insonnolito, si è messo a pensare - confusamente, e senza nostalgia - alla distanza tra lui adesso e lui a nove anni. Tornare laggiù sarebbe stato come, in un videogioco, voler tornare al livello 1 o 2 avendone conquistati dieci. C'entravano la matematica e il segno meno: se avesse sottratto - ecco, che cosa? un pomeriggio di aprile a casa di sua nonna, lui nel gabinetto a guardare lo sciacquone che porta via il suo sperma, il primo bacio a occhi chiusi dato dietro la scuola, la prima sigaretta, eccitante, bellissima, la prima canna, la prima sbronza eroica e le seguenti - se avesse sottratto tutto questo, sarebbe bastato? Ma c'era stato tanto altro di mezzo! Ne voleva una prova immediata? Eccola."

Paolo Di Paolo, Una storia quasi solo d'amore (Ed. Feltrinelli) pagg. 62-63

Redò Factory: la moda del riciclo

Moda, creatività ed ecosostenibilità. Ecco le tre parole chiave per raccontare il lavoro delle quattro giovani stiliste romane che ci hanno rubato il cuore: Simona, Martina, Alma e Angela.

Redò Factory è un laboratorio creativo baciato dal sole della Garbatella. Al suo interno nascono idee geniali e assolutamente green, votate al riuso e al colore. 

Tendenza sì, ma soprattutto personalità: ogni pezzo realizzato dalle Redò è un unico e irripetibile, frutto di materiali riciclati, eccedenze di magazzino e avanzi di stoffa.

Il loro catalogo è irresistibile. Per conoscere tutte le loro creazioni, basta fare una visita alla pagina Facebook di Redò Factory o scrivere una mail a redo.factory@gmail.com.

Il riciclo è fashion!

Contest: La domanda del mese #faisentirelavoce

#faisentirelavoce

RiccioCapriccio tiene molto ai pensieri di tutti i suoi clienti, per questo abbiamo deciso di indire un piccolo contest per dare spazio alle vostre idee e per far sentire la vostra voce.

Ogni mese Riccio chiederà a tutti voi di raccontare una particolare esperienza, di mandarci un messaggio per chi ci legge, di condividere un ricordo. Di rispondere con semplicità a una domanda.

Il tema della domanda cambia di mese in mese e si hanno fino a 20 giorni a disposizione per rispondere dalla sua pubblicazione sul nostro sito.

Il vincitore del contest, scelto a discrezione dal nostro staff, avrà diritto a una sorpresa targata RiccioCapriccio e a un 10% di sconto sui nostri servizi. La risposta vincitrice verrà pubblicata sul nostro blog nell’apposita sezione “La domanda del mese”.

La domanda del mese di aprile

In vista del prossimo evento ospitato da Riccio Maternità surrogata: che cosa accade oggi, la domanda del mese è: Cosa ne pensi della maternità surrogata?

Inviaci la tua risposta per tempo a giuliatrapuzzano@ricciocapriccio.com e, se ne avrai desiderio, potrai approfittare per esporla il 7 aprile da Riccio, in occasione del dibattito sul tema.

Premiano essenzialità, sincerità e capacità di sintesi.

Facci sentire la tua voce!

Maternità surrogata: che cosa accade oggi. Tra divieti, libero mercato e molti dubbi

Incontro aperto da RiccioCapriccio

Via di San Giovanni in Laterano, 142

7 aprile 2016, ore 18:30

 

Intervengono Paola Tavella, giornalista e scrittrice
Giorgia Serughetti, ricercatrice dell'Università Bicocca Milano

La maternità surrogata è al centro di un nodo etico che intreccia paure e dubbi legati a un modo inedito di venire al mondo, al desiderio di genitorialità, all’aprirsi di un mercato fiorente di materiale genetico e di pratiche di tecniche riproduttive. 

Al momento, essa è permessa, con regole più o meno restrittive, in una decina di Paesi tra cui California, India e Canada; in tutti gli altri è vietata, nella Comunità Europea è in corso uno scontro tra lobby favorevoli e contrarie;  dalla Francia una grande rete di femministe e lesbiche ne chiede la messa al bando in quanto moderna forma di schiavitù, altre invece discutono ipotesi di regolamentazione.

Anche se nessuno di noi è chiamato a prendere una decisione nel campo legislativo, è forte la necessità e il desiderio di sapere, confrontarsi con altri, avere risposte alle mille domande che la maternità surrogata pone: 

La libertà di poter disporre del proprio corpo e  partorire figli per altri è centrale oppure no in questo dibattito? Chi tutela il diritto del nascituro a conoscere la propria origine biologica? Liberalizzare le adozioni porterebbe a una diminuzione della richiesta di maternità surrogata e più in generale di tecniche di fecondazione assistita? Chi sono le persone che chiedono la maternità surrogata? Perché la narrazione della nascita per via biotecnica è ancora un tabùVietare la maternità surrogata è possibile? 

Ne discutiamo da RiccioCapriccio con due donne appassionate e competenti che ci aiuteranno a trovare risposte alle domande per creare la nostra personale e informata opinione sul tema.

Coordina domande, interventi e discussione Alessandra Di Pietro, giornalista.

Appuntamento dalle ore 18:30 alle 21:00, seguirà aperitivo green.

Per partecipare, prenotarsi per tempo scrivendo a:
giuliatrapuzzano@ricciocapriccio.com

 

Giorgia Serughetti, ricercatrice presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca, ha pubblicato Uomini che pagano le donne (Ediesse), saggio sulla prostituzione, e partecipato con i suoi articoli ad altre autorevoli pubblicazioni.

Paola Tavella, giornalista e scrittrice, ha pubblicato romanzi e saggi tra cui Madri Selvagge. Contro la tecnorapina del corpo femminile (Einaudi) con Alessandra Di Pietro. Al momento scrive per Amica, Io donna, Pagina99, Huffington Post.

 Alessandra Di Pietro, giornalista, ha pubblicato tre libri tra cui Godete! (Add editore) e Madri Selvagge. Contro la tecnorapina del corpo femminile (Einaudi) con Paola Tavella. Scrive su Gioia! e LaStampa.it

 

Impedite Braids Edition: come è andata

Ieri sera da RiccioCapriccio un'incontenibile Claudia D'Angelo ha rivisitato in chiave sexy e accattivante la pettinatura più antica che c'è: la treccia.

Le impedite si sono cimentate nella realizzazione di due acconciature comode, pratiche e versatili, perfette sia per l'ufficio che per far le ore piccole di sera.

Sul finale la serata ci ha regalato un colpo di scena: a venir incoronata reginetta delle impedite non è stata nessuna delle tre ragazze cimentatesi nell'ultima fatidica prova creatività, bensì Ilaria, scelta a sorpresa tra il pubblico in onore alla sua deliziosa imbranataggine.

Non perdere le prossime riunioni del Club delle Impedite e segui la nostra pagina Facebook per vedere tutte le foto di ieri sera!

Lena Dunham. Quando essere bone è da sfigate

Avete presente quell'espressione orribile e fastidiosa “la voce di una generazione”? Ecco, sono davvero poche le volte in cui è concesso usarla perché tende sempre a dar l’idea di boiata pazzesca. Uno dei casi in cui però è più che lecito usarla è quando si parla di Lena Dunham. Nata nell'86 a New York è diventata nel giro di pochi anni una genialità ambulante grazie al suo Girls, dramedy della HBO che ha ideato, dirige, sceneggia, recita e in cui si spoglia. Il suo spogliarsi però, finalmente, è DAVVERO funzionale alla storia. Il suo personaggio, Hanna Horvath, vive le stesse ansie mie e tue di ogni giorno. Si sente un cesso, crede di essere una fallita ma in realtà ha una mal celata autostima ed un ego che riempirebbe l’Europa, si trucca poco e male, ha tatuaggi improbabili di CASE SULLA SCHIENA e, ormai, sta bene così. Esorcizza tutte le sue insicurezze mettendosi, letteralmente, a nudo. E già che c’è, vuole far capire anche a noi povere quanto sia bello e giusto potersi andar bene così. Hanna, ed evidentemente anche Lena, è arrivata ad un punto dell’esistenza in cui “Oh, io sono questa. Che tocca fà?” In Girls è circondata da amiche bone e favolose, ed ora che siamo arrivati alla quinta serie, è ciò un cruccio per lei? No. Perché? Perché fottesega. Loro saranno sì bone e favolose ma lei ha dalla sua la quasi irraggiungibile e tanto agognata sicurezza di sé. Vuoi mettere? Portar bene la bruttezza (povera Lena, neanche troppa a dire il vero) è un dono, essere genie talentuose ed avere a 30 anni all’attivo un libro, un film, una serie tv e una newsletter femminista (Lenny Letter) lo è altrettanto. E Lena ci ricorda ogni giorno tramite il suo profilo Instagram quanto in realtà essere bone sia da sfigate.


IO VERAMENTE LA FAVOLOSITA'
LA FAVOLOSA RUBRICA SPIN-OFF DI IO VERAMENTE GUARDA

di Francesca Giorgetti

29 anni, ultimamente romana ma pratese per sempre. Appassionata a livelli patologici di serie tv e Maria De Filippi. Lavora in tv e scrive di serie anche su Io Veramente Guarda.

Watchlist: essere osservati non fa paura

"Siamo costantemente osservati. E il fatto che questo non ci sconvolga più è di per sé sconvolgente".

Watchlist di Edizioni Clichy è una raccolta di 32 racconti - uno più disturbante e bellissimo dell'altro - in cui si cerca di rispondere alla domanda fondamentale dell'era di Internet: fino a che punto lo sguardo altrui definisce ciò che siamo? 

E da qui gli altri quesiti che tutti noi, nel nostro intimo, dietro ai cristalli liquidi di un laptop, ci siamo posti almeno una volta davanti al "Che cosa stai pensando?" di Facebook.

Come modifica il nostro comportamento l'essere osservati? La sorveglianza costante, i cookie, la quantità di informazioni che quotidianamente cediamo gratis in cambio di un non-luogo dove esistere in forma digitale e smagliante, quanto incidono sulla qualità della nostra vita?

Probabilmente la cosa da capire, alla fine di tutto, alla fine del trentaduesimo racconto di Watchlist e alla fine di un qualsiasi nostro tweet, è che non abbiamo niente da temere. È solo una commedia... molto, molto realistica.

Grimes: l'artista-DIY dal cyber look

Se pensate te che Madonna sia una popstar polifunzionale (visto quanto sia tonica e muscolare non stupisce che abbia sparso palestre in tutto il mondo) probabilmente non conoscete Grimes, dichiarato alter-ego della ventottenne Claire Boucher.

Oltre a dei capelli fantastici che cambia più o meno ogni settimana e un look tra follia giapponese e streetstyle, Grimes suona e produce da sola i dischi (quattro finora) nella sua cameretta, dirige i suoi video e ha fondato la Eerie organization, un incubatore artistico per musicisti.

Immaginate una Enya cyber-pop che flirta con Aphex Twin, e quella è la Grimes di Visions, l'album che l'ha fatta conoscere all'intero mondo.

Dopo qualche anno fa uscire un brano che non c'entra nulla con quello che aveva fatto prima (e infatti era stato scritto per Rihanna), che ha fatto infuriare i fan e che le ha fatto candidamente ammettere che il suo nuovo album faceva schifo e che doveva ricominciare da capo.

Immaginate ora una versione intelligente, stramba e piena di idee del k-pop giapponese o del pop da classifica tipo Beyoncé (che Claire ha inserito nella sua top five musicale) ecco, quello è Art Angels, il suo ultimo album.

Non chiamiamola ragazza prodigio, chiamiamola artista-DIY e se a questo punto non vi ho incuriosite, beh, non vorrei essere scortese ma forse non avete capito niente.


YOU GO, GIRL!
DONNE CHE LAVORANO, TALENTI EMERGENTI E ALTRE ECCELLENZE GEN(D)ERICHE

di Antonia Caruso

Antonia scrive col pensiero, coi gatti e coi capelli. In genere su Ericosìcarina | Gender e antigender ma anche da altre parti.

Broad City: due amiche deficienti a New York

C’è una serie, in onda su Comedy Central e prodotta da Amy Poehler, il cui sunto potrebbe essere tranquillamente: due ragazze ebree fuori come i culi che cazzeggiano a giro per New York.

Abbi e Ilana sono due trentenni amiche del cuore, una più rincoglionita dell’altra, che tentano - ognuna a modo proprio - di sopravvivere in quella città diffiiiicile che è New York. Ebree entrambe, sono i personaggi alter ego delle due creatrici della serie, Abbi Jacobson e Ilana Glazer, a cui danno corpo e voce recitando nella loro creazione facendo restare gli spettatori sempre in bilico tra il "WTF?" e il "GENIEEEEHH!".

Il tema di una delle ultime puntate andate in onda è un grande classico argomento di un sacco di film e telefilm: lo scambio d’identità. Qui non c’è il desiderio forte forte di trovarsi nei panni l'una dell’altra e il risveglio col desiderio esaudito ma c’è Ilana (la più marcia tra le due) che chiede ad Abbi di fingere di essere lei, così da lavorare al posto suo nel negozio bio da zecche in cui per poter comprare le zucchine a km 0 bisogna fare volontariato altrimenti vieni cacciato dalla responsabile del negozio, una hippy vecchia e sporchissima che allatta un bambino invisibile avvolto in cento coperte. Abbi ovviamente accetta ed Ilana le fa una sorta di lezione intensiva su come essere lei. Parlare dicendo cose senza senso è il primo passo, essere strafatta di erba il secondo e vestirsi come fossero i ruggenti anni ’80 il terzo, fondamentale.

Il look INCREDIBILE di Ilana è infatti uno dei segni particolari della serie che oltre ad avere riferimenti pop commoventi (nell’intro della prima puntata della terza serie Abbi ha il vestito bianco e oro, Ilana quello nero e blu, do you know?*) punta tantissimo sulla follia totale delle due protagoniste, una delle quali caratterizzata anche e soprattutto coi costumi, appunto.

Leggins a vita alta, crop top di rete, marsupi, borse minuscole allacciate in vita, shorts shortissimi a vita alta, cappellini improbabili, smoking da uomo e maglioncini per cani minuscoli usati come top. Perché Ilana è sobria ed elegante. Il suo malcelato odio per qualsiasi forma di lavoro e la totale incapacità di essere anche solo vagamente opportuna nel modo in cui si presenta è una cosa che a te spettatore fa sentire un sacco meno solo e anche se sai che quella roba allucinante che ha addosso può starbene solo a lei, una nana dai capelli ricci e la bocca larga coi tratti tipicamente ebrei, a una certa ti vien voglia di lanciar via le cose dell’armadio e dire “ma sticazzi, ci posso andare anch’io a giro così, con gli orecchini dorati con scritto LATINA, coi marsupi e con le camicie annodate sotto le tette”. O forse no.

Magari per continuare ad avere una più o meno sana vita da adulte lavoratrici è più consigliabile buttarsi sullo stile di Abbi, già più unadinoi con i suoi jeans, magliette, vestitini e una comprensibilissima voglia di sembrare, almeno all’apparenza, normale.
 

*L'unico, inimitabile, #TheDress


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29 anni, ultimamente romana ma pratese per sempre. Appassionata a livelli patologici di serie tv e Maria De Filippi. Lavora in tv e scrive di serie anche su Io Veramente Guarda.

Il Club delle Impedite: serata rimandata

Car* tutt*,

in seguito ai tragici eventi di questa mattina, RiccioCapriccio, in accordo con l'intero staff e con Claudia D'Angelo, ha deciso di rimandare la serata Il Club delle Impedite: Braids Edition.

Il Club si riunisce per fare festa in un'atmosfera lieve e giocosa. Oggi, con il pensiero a Bruxelles, ci rendiamo conto che questo non è possibile.

Continuate a seguirci per aggiornamenti.

Da amica tamarra di Paris a imprenditrice milionaria

A noi gente nata a metà degli anni ’80, non è andata benissimo in quanto a moda adolescenziale. Onyx, Killah Babe e Fornarina erano i must per le 15enni tamarre e borghesi ma non troppo. Poi c’era la Phard e l’indimenticabile Nyxo, la versione da povera della Onyx, per le più delicate. Questo in Italia.
In America intanto i primi anni del 2000 erano il palcoscenico di programmi CAPOLAVORO come The Simple Life della Fox in cui una ancora poco conosciuta Paris Hilton si accingeva a diventare una sorta di guru idiota della tv.

Ma non è lei l’imprenditrice del titolo. A quei tempi la biondissima e secchissima ereditiera era amichetta non solo di Nicole Richie ma anche della donna migliore di questi ultimi anni: Kim Kardashian.
Leggenda narra che ai tempi la futura Mrs West, amica d’infanzia di Paris, fosse in pratica la sua galoppina. Si vestivano entrambe in maniera decisamente peculiare e incredibilmente tamarra. Vestiti in satin, maglioncini grigi con cinturone nero sotto il seno, vestitini in jeans, top in lurex, pantaloni di velluto a zampa. Insomma LAMORTE della moda, i classici capi che a rivedere le foto delle medie o del liceo ti danno indirettamente tante risposte a tante domande. Nel 2007 poi, a seguito di un fortuito evento (fu leakato un video porno di Kim insieme al rapper Ray J, lei fece causa alla Vivid Entertainment e si accontentò di un accordo dal quale è riuscita a prendere CINQUE MILIONI DI DOLLARI) la famiglia Kardashian/Jenner tutta diventa protagonista di un reality di cui è andata in onda poche settimane fa l’ultima puntata dell’undicesima stagione.

Manco a dirlo, una delle foto promozionali del nuovo reality di E! fu un esempio di sobrietà rara. Leopardo, leopardo e ulteriore leopardo anche addosso a dodicenni ancora ignare del fatto che di lì a poco sarebbero diventate tutte milionarie. Belle di casa.

Nelle successive stagioni, un mix mortale di outfit allucinanti col senno di poi, perfettamente alla moda con gli occhi dell’ “epoca”. Acconciature imbarazzanti con boccoli che manco mia nonna negli anni 40, le indimenticate meches ai lati, trucco pesantissimo e leggermente a battona, lucidalabbra... il peggio del peggio è tutto qua, in un reality che è una droga e in cui non succede MAI niente ma in cui il poco che accade è meravigliosamente trash. Dalla scorsa stagione, diciamo da tre anni a questa parte, il clan Kardashian/Jenner è diventato omniscente. Sono ovunque e non li puoi scansare neanche a calci.

ABBIATENE TUTTE!

Sebbene la dottoressa Kardashian abbia sicuramente fatto dei passi falsissimi nella moda, ci sono un paio di capi che anche lei usa come jolly e che non devono mancare MAI MAI MAI in un armadio.

kar.jpg

1. Il classico, intramontabile, never banale, tubino nero

Se non ce l'avete, procuratevene immediatamente uno!

2. Leopardo su leopardo di leopardo

Non fatevi baggianare da chi dice che il leopardo è tamarro. Lo è, ma se messo con sobrietà può svoltare un outfit. Lo giuro. 

3. Borsa a gancio

Rende TUTTE ma proprio TUTTE un pochino più eleganti del solito. Tra la tracolla e la borsina messa all’interno del braccio, c’è un mondo di differenza. Kim ha centosedici Cèline ed altrettante Balenciaga. Noi che siamo più povere possiamo accontentarci anche delle borse di Zara, in caso.


IO VERAMENTE LA FAVOLOSITA'
LA FAVOLOSA RUBRICA SPIN-OFF DI IO VERAMENTE GUARDA

di Francesca Giorgetti

29 anni, ultimamente romana ma pratese per sempre. Appassionata a livelli patologici di serie tv e Maria De Filippi. Lavora in tv e scrive di serie anche su Io Veramente Guarda.

Zara e la sua nuova linea gender fluid

Anche Zara si butta nel gender, anzi nella sua negazione fashion, con una linea unisex dall'indubbio nome Ungender

Niente di troppo esaltante, certo. Jeans, magliette bianche, felpe grigie e blu. Streetwear per tutti, al di là degli stereotipi di genere. Tutto molto basic. Io che ho una certa tendenza a vedere dietro la bieca macchinazione del soldo, ci vedo anche un'ottimizzazione della produzione. Uno stesso capo praticamente per ogni tipo di cliente, che sia di genere femminile o maschile. Ovviamente è più la filosofia che c'è dietro, libertà! abbattimento di muri ideologici! comodità! che non una ricerca stilistica significativa. Come se Unisex debba significare per forza sobrietà, minimalismo e teppa life.  

Che poi è sempre la donna o comunque la moda femminile a fare un passo verso quella maschile e quasi mai viceversa. Basti pensare allo stile, per dirne una, Tomboy che incorpora elementi maschili. In parole povere, è più facile vedere una donna in smoking (con un taglio femminile) che un uomo con una gonna, che insomma fa un po' brutto.

Fortunatamente, per una linea Ungender che mira al ribasso, c'è un Jaden Smith, figlio di Will Smith e Jada Pinkett-Smith e simbolo della gender fluidity, testimonial della linea femminile di Louis Vuitton.


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DONNE CHE LAVORANO, TALENTI EMERGENTI E ALTRE ECCELLENZE GEN(D)ERICHE

di Antonia Caruso

Antonia scrive col pensiero, coi gatti e coi capelli. In genere su Ericosìcarina | Gender e antigender ma anche da altre parti.

Le conseguenze dell’hangover

È mattina. Suona la sveglia e ti ricorda che sì, devi andare a lavoro. Fuori piove. Indossi il pigiama degli Orsetti del Cuore. Sul tuo cuscino una sindone di fondotinta. Hai mal di testa, nausea, dolori ovunque.

Provi a ricordare cosa è successo ieri sera. Ti trascini in cucina, metti su il caffè e alla prima sorsata tutto è chiaro. Dopo la telefonata di Barbara che ti ha accusata di essere una vecchia bacucca, di amare più Netflix delle amiche, hai deciso: adesso esco e ti faccio vedere io, CARA. Sei andata a ballare. Tu, che al massimo fai quattro passetti su Single Ladies nel tuo soggiorno, quando nessuno ti guarda. Ad un certo punto sei pure salita su un tavolo affinché tutti vedessero quanto sei giovane. Certo, quei quattro margarita hanno fatto la loro parte: stamattina li stai scontando tutti.

Qui intervengo io. Hai un’ora per tornare a risplendere. Ecco come.

1. NON GUARDARTI ALLO SPECCHIO

Sei fragile adesso. Guardarti allo specchio è la cosa peggiore che puoi fare. Hai bisogno di lucidità, non di piangere per quattordici minuti urlando: Dio, perché non sono Beyoncé?!?

2. NON GUARDARE I MESSAGGI SULLO SMARTPHONE

Lo sai tu, lo so io che ieri sera hai fatto la cazzata. “Eh no, se lo può scordare di sentirmi, piuttosto mi faccio la permanente a secco!” Infatti.

3. ONDA D’URTO

Apri il frigo e recupera tutti i cubetti di ghiaccio che puoi. Versali nel lavandino, aggiungi acqua fredda e qualche fettina di cetriolo (quello che avevi comprato per la dieta detox ed è rimasto lì, triste e solo). Prendi un bel respiro e immergi il viso. Il freddo ha un effetto vasocostrittore: attenua il gonfiore e assieme al cetriolo, decongestiona.

4. SCRUBBARE PER FERMARE IL DECLINO

Lava il viso con un detergente delicato. Prosegui con un leggero scrub, che aiuta la pelle a essere più luminosa. Puoi realizzarlo anche in casa: basta un cucchiaio di miele e un po’ di zucchero (scegli quello che più si adatta alla tua pelle: bianco se sei sensibile, di canna se ti piace un massaggio più vigoroso). Risciacqua delicatamente.

5. NON FA MALE, NON FA MALE

Ecco la prova più difficile: lavati con l’acqua fredda. Se le gambe sono molto gonfie, alterna i getti. Riattiverai la circolazione e manderai via il senso di pesantezza. Usa un bagnodoccia al profumo di agrumi: ha un effetto energizzante (o almeno, io ci voglio credere fortissimo).

6. MAKE UP PER REDIVIVE

Dacci dentro con il correttore per le occhiaie. Se sono molto scure, puoi usarne uno dal tono aranciato. Generosa dose di mascara per aprire lo sguardo, un po’ di blush rosato e sulle labbra un burrocacao ricco.

7. MA COME MI VESTO?

Vestiti comoda. Lascia perdere il tubino aderente: prediligi tessuti morbidi, che ti avvolgano senza farti sentire costretta. Meglio i colori chiari: assieme al trucco ti daranno un’aria fresca e riposata.

8. BEVI ACQUA

L’alcol disidrata. Porta con te una bottiglia d’acqua e bevi ogni volta che puoi. Durante la giornata vanno benissimo delle tisane detossinanti, come quella al finocchio.

9. ESCI DI CASA

So che vorresti solo prenderti un giorno di ferie. Se puoi, bella petté amica. Se non puoi, apri Spotify e fai partire questa playlist. Non risolve ma aiuta.

10. NON E’ VERO CHE NON HAI PIU’ L’ETA’

Smetti di sentirti inadatta. Se preferisci le serate a casa alle notti brave non c’è niente di male. Vai benissimo così come sei. E poi sei sicura che Barbara reggerebbe una maratona House of Cards di otto ore?


SHUT UP AND TAKE MY MAKE UP! COME ESSERE SE STESSE MA MEGLIO

di Tamara Viola

Una donna dalla chioma sobria. Socializza molto, online e offline. Puoi leggere i suoi deliri su Citazionisti Avanguardisti
Nel tempo libero si imbelletta, legge e fa parlare i biscotti.