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Zara copia giovane artista e risponde in malomodo

L'artista e illustratrice Tuesday Bassen, una che ha lavorato per cose enormi tipo Playboy, New Yorker, Nike e Adidas, quindi non proprio una pivellina alle prime armi, ha scoperto che Zara ha copiato alcuni dei sui disegni.

Non una lieve e vaga ispirazione, ma una copiacarbone bella e buona. L'immagine qui a fianco, presa dal sito di Bassen, è abbastanza esplicativa sulle somiglianze.

Bassen, anzi l'avvocato di Bassen, ha scritto a Zara e la risposta di Zara è stata veramente coatta.

In sostanza si dice che il lavoro di Bassen è troppo “semplice” e non facilmente riconoscibile, poiché, si continua con una spacconata, si consiglia di “mettere le cose in prospettiva”. Il sito di Zara ha una media 98.000.000 di visite al mese e lei in sostanza non è nessuno.

Ma non è la prima volta che l'azienda spagnola viene accusata di plagio. Ultimamente, per esempio, la collezione Yeezy Season 3 di Kanye West sembra essere stata presa, diciamo, da ispirazione sia da Zara, che da Topshop e Forever 21.

Magari il signor Kardashian se lo può permettere ma una come Tuesday Bassen no.

In questo caso il problema, sottolinea Fashion Law, non è di copyright, ma di legge sul trademark, che serve appunto a “proteggere l'origine di tratti identificativi, come nomi, loghi e/o elementi della confezione del prodotto, in modo da permettere ai consumatori di identificare un particolare business come la fonte di beni e servizi.”

D'altra parte Business of Fashion dichiara che “[...] in molti paesi (inclusi USA e UK) la moda non gode della stessa protezione che si possono permettere altri mezzi creativi come arte, letteratura o cinema perché abiti, scarpe e borse sono categorizzati come “oggetti funzionali,” e sono esenti dalle leggi del copyright. Al contrario, la legge protegge solo l'elemento creativo disgiunto di un prodotto, come il motivo di una stampa.”

In ogni caso la nostra Tuesday Bassen farà causa a Zara.

Il rapporto tra fast fashion e plagio/ispirazione è complesso, ma più che complesso, dipende semplicemente da chi prendi a modello (o copi).

Da una parte è palese che catene come Zara e H&M vendano versioni a buon mercato delle sfilate, per soddisfare i desideri haute couture di tutte noi (provate a trovare un capo che non sia molto di moda leggermente business woman o molto di moda leggermente adolescente anni '90) che poi è la base di quello che chiamano Piracy Paradox, secondo il quale copiare o prendere ispirazione dall'alta moda porta ad un altissimo ricambio delle idee e non fa altro che aiutare a produrre nuove idee. Certo magari non alle spese di piccoli designer.

La possiamo anche mettere sul consumismo. È la base della tecnologia degli smartphone.

Sia per la moda che per gli smartphone possiamo parlare di obsolescenza indotta e obsolescenza programmata. Ciò che va bene oggi, domani non andrà più bene.

Come dice la legge di Felson: “Rubare idee a una persona è plagio, rubarle a molte è ricerca.”

Insomma Zara se devi copiare fallo meglio e non te la tirare così tanto.


YOU GO, GIRL!
DONNE CHE LAVORANO, TALENTI EMERGENTI E ALTRE ECCELLENZE GEN(D)ERICHE

di Antonia Caruso

Antonia scrive col pensiero, coi gatti e coi capelli. In genere su Ericosìcarina | Gender e antigender ma anche da altre parti.

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Zara e la sua nuova linea gender fluid

Anche Zara si butta nel gender, anzi nella sua negazione fashion, con una linea unisex dall'indubbio nome Ungender

Niente di troppo esaltante, certo. Jeans, magliette bianche, felpe grigie e blu. Streetwear per tutti, al di là degli stereotipi di genere. Tutto molto basic. Io che ho una certa tendenza a vedere dietro la bieca macchinazione del soldo, ci vedo anche un'ottimizzazione della produzione. Uno stesso capo praticamente per ogni tipo di cliente, che sia di genere femminile o maschile. Ovviamente è più la filosofia che c'è dietro, libertà! abbattimento di muri ideologici! comodità! che non una ricerca stilistica significativa. Come se Unisex debba significare per forza sobrietà, minimalismo e teppa life.  

Che poi è sempre la donna o comunque la moda femminile a fare un passo verso quella maschile e quasi mai viceversa. Basti pensare allo stile, per dirne una, Tomboy che incorpora elementi maschili. In parole povere, è più facile vedere una donna in smoking (con un taglio femminile) che un uomo con una gonna, che insomma fa un po' brutto.

Fortunatamente, per una linea Ungender che mira al ribasso, c'è un Jaden Smith, figlio di Will Smith e Jada Pinkett-Smith e simbolo della gender fluidity, testimonial della linea femminile di Louis Vuitton.


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di Antonia Caruso

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