Violette Ailhaud. L'uomo seme

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frontale uomo seme

#checosastoleggendo

Storia vera di un villaggio in Provenza dove donne senza marito praticarono il poliamori per piacere e sopravvivenza: era il 1851

twitter@aledipie

Violette Ailhaud L'uomo seme Playground/Fandango Pagg. 64 euro 7

Sembravamo un gruppo di faraone impazzite. Le nostre idee volavano come cavallette, si incrociavano con le ali aperte di tutti i colori: blu, rosse, arancioni. Avevamo detto tutte la stessa cosa in mille modi diversi. Ma eravamo d’accordo: un giorno sarebbe arrivato un uomo – se ancora ce n’erano - ce lo saremmo dovute dividere, per la vita del nostro ventre.

Avevamo immaginato tutto, per serate intere, e poi per giornate intere. Avevamo voltato e rivoltato le circostanze, i particolari, le parole che avremmo pronunciato, l’organizzazione della vita intorno alla presenza dell’uomo sconosciuto che sarebbe arrivato. Gli avevamo fatto il ritratto, la statua. Per giorni e mesi lo avevamo vestito, spogliato, fatto parlare, fatto ridere, fatto dormire, fatto mangiare e fatto amare.

Era una felicità e allo stesso tempo una piaga. La crosta di quella piaga che si sforzava di cicatrizzare ce la grattavamo a sangue continuamente, perché sorgessero altre idee, altri pensieri, altri ricordi del futuro che sarebbe arrivato.

Bio Violette Ailhaud era una delle donne del villaggio senza mariti in cui arrivò l’Uomo seme. Scrisse questa storia e quando morì nel 1925 la lasciò in una busta chiusa che – come da testamento – doveva essere aperta non prima del 1952 e consegnata alla maggiore tra le discendenti in un’età compresa tra i 15 e 30. Era Yvelyne, 24 anni.

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#checosastoleggendo

Storia vera di un villaggio in Provenza dove donne senza marito praticarono il poliamori per piacere e sopravvivenza: era il 1851

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Violette Ailhaud L'uomo seme Playground/Fandango Pagg. 64 euro 7

Sembravamo un gruppo di faraone impazzite. Le nostre idee volavano come cavallette, si incrociavano con le ali aperte di tutti i colori: blu, rosse, arancioni. Avevamo detto tutte la stessa cosa in mille modi diversi. Ma eravamo d’accordo: un giorno sarebbe arrivato un uomo – se ancora ce n’erano - ce lo saremmo dovute dividere, per la vita del nostro ventre.

Avevamo immaginato tutto, per serate intere, e poi per giornate intere. Avevamo voltato e rivoltato le circostanze, i particolari, le parole che avremmo pronunciato, l’organizzazione della vita intorno alla presenza dell’uomo sconosciuto che sarebbe arrivato. Gli avevamo fatto il ritratto, la statua. Per giorni e mesi lo avevamo vestito, spogliato, fatto parlare, fatto ridere, fatto dormire, fatto mangiare e fatto amare.

Era una felicità e allo stesso tempo una piaga. La crosta di quella piaga che si sforzava di cicatrizzare ce la grattavamo a sangue continuamente, perché sorgessero altre idee, altri pensieri, altri ricordi del futuro che sarebbe arrivato.

Bio Violette Ailhaud era una delle donne del villaggio senza mariti in cui arrivò l’Uomo seme. Scrisse questa storia e quando morì nel 1925 la lasciò in una busta chiusa che – come da testamento – doveva essere aperta non prima del 1952 e consegnata alla maggiore tra le discendenti in un’età compresa tra i 15 e 30. Era Yvelyne, 24 anni.