Eyeliner per ragazze coraggiose

Tutte ne abbiamo una. Tutte abbiamo quell’amica che ha gli occhi sempre incorniciati da una riga di eyeliner perfetta, pulita, simmetrica, meravigliosa.

Noi invece siamo quelle che no, non ci viene mai precisa. Se riusciamo per miracolo a realizzare una linea decente sulla palpebra destra, quella di sinistra sembrerà disegnata da Picasso. Quattordici ore davanti allo specchio, il braccio ad angolo che dicono favorisca, il prodotto da sette milioni di paperdollari a prova di impedita e niente, niente di niente.

È questione di esercizio, diranno alcuni.

Io dico che è questione di caffè. Se ne prendo uno mh, se ne prendo due perfetto, se ne prendo tre meglio lo smokey.

Oggi voglio provare a indicarvi qualche piccolo trucchetto per uscire di casa senza sembrare la compianta Moira Orfei.

1.     Metodo adesivo

Avete presente quei carinissimi nastri di washi tape che avete comprato per decorare la qualunque? Bene, ne bastano due pezzettini per realizzare una riga a prova di bomba. Attaccate il nastro al lato del vostro occhio, dalla palpebra inferiore fino alla fine del sopracciglio; l’altra lungo la palpebra superiore, come a formare un triangolo. Partite tracciando la linea dal centro, a piccoli tratti. Anche se passate sul nastro non importa. Una volta terminato, staccate delicatamente l’adesivo. Ecco che avrete una riga con una codina anni ’50 perfetta.

 2.     Metodo cucchiaino

Quando mi sono trasferita a Roma, mia madre mi ha gentilmente donato una confezione maxi di posate varie, metti che mi ritrovo a pranzo una squadra di rugby. Ho sottratto a questa pregiatissima collezione un cucchiaino liscio. Faccio così: poggio il manico lungo la parte finale dell’occhio e traccio la codina. Uso la parte concava per dare corpo alla riga. FFFfatto!

3.     Metodo carta fedeltà

Non mi dire che nel tuo portafogli non hai la carta fedeltà di qualche negozio. Prendine una, posizionala lungo la parte finale dell’occhio e via, traccia veloce come il vento.

 4.     Metodo Britney Spears nel periodo Meta

Questo stratagemma è il migliore. Prendi l’eyeliner e tira una riga sull’occhio. Si amica, una linea alla cazzo. Ravana nel tuo beauty alla ricerca di un cotton fioc, immergilo nel tuo struccante di fiducia e correggi senza paura.

 Bene, ora sei pronta per scattarti un selfie e mandarlo alla tua amica, sì, quella della riga perfetta.

Didascalia? YO, BITCH.


SHUT UP AND TAKE MY MAKE UP! COME ESSERE SE STESSE MA MEGLIO

di Tamara Viola

Una donna dalla chioma sobria. Socializza molto, online e offline. Puoi leggere i suoi deliri su Citazionisti Avanguardisti
Nel tempo libero si imbelletta, legge e fa parlare i biscotti.

La domanda del mese: la vincitrice #fasentirelavoce

La vincitrice della nostra domanda del mese di aprile è stata Giulia Gabriele, la cui risposta al quesito "Cosa ne pensi della maternità surrogata?" è:

 

"Cara Giulia,

cosa penso della maternità surrogata non so se lo so. E spero che nessuno creda di saperlo davvero (o, per carità, di poter ridurre la questione al gioco del giusto o sbagliato) ma si ponga piuttosto molte domande.
Io ad esempio mi chiedo perché due genitori per sentirsi tali abbiano bisogno di vedere partorito per conto terze un bambino che replichi un pezzo del loro DNA.

Mi chiedo se la maternità surrogata più che rappresentare il diritto di una donna a gestire in autonomia il proprio corpo, destinandolo anche alla gestazione per conto terzi, non rappresenti invece la capacità d'acquisto dei futuri genitori. Se dunque il bambino non diventi un bene anziché essere una benedizione.
E mi chiedo pure se davanti alla vita, all'amore e alla libertà sia corretto farsi venire certi sospetti... Lo scopriremo un pochino il 7, immagino.

Complimenti per l'iniziativa, non è un tema che mi riguarda ma ci riguarda tutti."

 

Grazie a tutti per aver partecipato, continuate a seguirci per scoprire la prossima domanda del mese!

Maternità surrogata: come è andato il dibattito

Il dibattito di ieri sera su maternità surrogata, utero in affitto e adozioni si è rivelato una sorpresa piacevole per tutti noi. Il tema è caldo, tocca tutte/i, divide ma soprattutto unisce nel desiderio di conoscere. Nell'atmosfera accogliente di Riccio, tra luci soffuse e drink freschi da bere, la conversazione ha preso corpo grazie al mirabile lavoro di coordinazione di Alessandra Di Pietro e i dubbi posti da Giorgia Serughetti e Paola Tavella hanno mosso dubbi, critiche e spunti di riflessione vari e vastissimi. 

Chi usufruisce della maternità surrogata? Lo sfruttamento è una parabola necessaria o la surrogacy può essere normativizzata al fine di difendere le madri (tutte quelle coinvolte nel contesto)? Perché si parla molto più spesso dei diritti dei bambini, non ancora nati, piuttosto che di quelli delle donne adulte che ricorrono all'utero in affitto? Perché nella narrazione delle origini biologiche, la surrogacy deve essere vista solo come tabù? È giusto definire un bambino nato da maternità surrogata "comprato"?  È possibile riuscire a scindere la propria personale esperienza da quella che si vorrebbe divenisse la norma? Non è un malinteso enorme affiancare la maternità surrogata alla prostituzione?

Nella calda serata di ieri, si è cercato di dare risposte insieme a tutte queste domande e a molte altre. Rivelando pensieri contrastanti, audaci, e molte confidenze. 

Siamo felici del forum che abbiamo ospitato e ringraziamo per il loro prezioso contributo le speaker, il nostro staff ma soprattutto voi tutti che avete partecipato numerosi.

Grazie

Seguici su Facebook e su Instagram per vedere le foto di ieri sera e restare aggiornato sui prossimi eventi in salone.

Paolo Di Paolo, Una storia quasi solo d'amore

Leggere Una storia quasi solo d'amore è come ritrovare sepolto in soffitta un ricordo lontanissimo, tenuto nascosto da lenzuola impolverate e cianfrusaglie, messo lì un po' per proteggerlo, un po' per sperare di dimenticarsene per sempre perché troppo doloroso da riportare alla mente. In poche parole: l'amore, ma da giovani. Quando è veramente quasi solo amore. 

"Così, soddisfatto e fiero, ha pranzato di gusto, ha brindato, con un'allegria fuori misura, che - più spesso del previsto - agganciava il pensiero di lei. Nel torpore della digestione, mentre Canale 5 mandava in onda 12 volte Natale e tutto quello zucchero newyorkese stranamente non lo disturbava, né lo aiutava a tenere gli occhi aperti, ecco, al quarto o quinto Natale di loro due (aveva perso il conto), quando Jack dice a Kate ehi, aspetta, ti va di prendere un caffè?, e sono avvolti in uno scintillio irreale, si è deciso a scriverle. Il pensiero è stato corto, ha digitato una frase tipo: i campanelli, alla fine, li ho sentiti. Ha aggiunto una faccetta sorridente, si è messo ad aspettare. Senza ansia: concludendo, all'improvviso, che sì, sì, era stato proprio un bel Natale. Mentre il film finiva, Nino si è addormentato e il sonno l'ha traghettato oltre l'ora di cena: svegliarsi è stato come tornare al mondo avendo nove anni. Perché l'albero gli luccicava ancora accanto, perché se ne stava al caldo sotto una coperta morbida, perché sua madre gli ha chiesto se aveva voglia di una tazza di latte o di tè. Insonnolito, si è messo a pensare - confusamente, e senza nostalgia - alla distanza tra lui adesso e lui a nove anni. Tornare laggiù sarebbe stato come, in un videogioco, voler tornare al livello 1 o 2 avendone conquistati dieci. C'entravano la matematica e il segno meno: se avesse sottratto - ecco, che cosa? un pomeriggio di aprile a casa di sua nonna, lui nel gabinetto a guardare lo sciacquone che porta via il suo sperma, il primo bacio a occhi chiusi dato dietro la scuola, la prima sigaretta, eccitante, bellissima, la prima canna, la prima sbronza eroica e le seguenti - se avesse sottratto tutto questo, sarebbe bastato? Ma c'era stato tanto altro di mezzo! Ne voleva una prova immediata? Eccola."

Paolo Di Paolo, Una storia quasi solo d'amore (Ed. Feltrinelli) pagg. 62-63

Redò Factory: la moda del riciclo

Moda, creatività ed ecosostenibilità. Ecco le tre parole chiave per raccontare il lavoro delle quattro giovani stiliste romane che ci hanno rubato il cuore: Simona, Martina, Alma e Angela.

Redò Factory è un laboratorio creativo baciato dal sole della Garbatella. Al suo interno nascono idee geniali e assolutamente green, votate al riuso e al colore. 

Tendenza sì, ma soprattutto personalità: ogni pezzo realizzato dalle Redò è un unico e irripetibile, frutto di materiali riciclati, eccedenze di magazzino e avanzi di stoffa.

Il loro catalogo è irresistibile. Per conoscere tutte le loro creazioni, basta fare una visita alla pagina Facebook di Redò Factory o scrivere una mail a redo.factory@gmail.com.

Il riciclo è fashion!

Contest: La domanda del mese #faisentirelavoce

#faisentirelavoce

RiccioCapriccio tiene molto ai pensieri di tutti i suoi clienti, per questo abbiamo deciso di indire un piccolo contest per dare spazio alle vostre idee e per far sentire la vostra voce.

Ogni mese Riccio chiederà a tutti voi di raccontare una particolare esperienza, di mandarci un messaggio per chi ci legge, di condividere un ricordo. Di rispondere con semplicità a una domanda.

Il tema della domanda cambia di mese in mese e si hanno fino a 20 giorni a disposizione per rispondere dalla sua pubblicazione sul nostro sito.

Il vincitore del contest, scelto a discrezione dal nostro staff, avrà diritto a una sorpresa targata RiccioCapriccio e a un 10% di sconto sui nostri servizi. La risposta vincitrice verrà pubblicata sul nostro blog nell’apposita sezione “La domanda del mese”.

La domanda del mese di aprile

In vista del prossimo evento ospitato da Riccio Maternità surrogata: che cosa accade oggi, la domanda del mese è: Cosa ne pensi della maternità surrogata?

Inviaci la tua risposta per tempo a giuliatrapuzzano@ricciocapriccio.com e, se ne avrai desiderio, potrai approfittare per esporla il 7 aprile da Riccio, in occasione del dibattito sul tema.

Premiano essenzialità, sincerità e capacità di sintesi.

Facci sentire la tua voce!

Maternità surrogata: che cosa accade oggi. Tra divieti, libero mercato e molti dubbi

Incontro aperto da RiccioCapriccio

Via di San Giovanni in Laterano, 142

7 aprile 2016, ore 18:30

 

Intervengono Paola Tavella, giornalista e scrittrice
Giorgia Serughetti, ricercatrice dell'Università Bicocca Milano

La maternità surrogata è al centro di un nodo etico che intreccia paure e dubbi legati a un modo inedito di venire al mondo, al desiderio di genitorialità, all’aprirsi di un mercato fiorente di materiale genetico e di pratiche di tecniche riproduttive. 

Al momento, essa è permessa, con regole più o meno restrittive, in una decina di Paesi tra cui California, India e Canada; in tutti gli altri è vietata, nella Comunità Europea è in corso uno scontro tra lobby favorevoli e contrarie;  dalla Francia una grande rete di femministe e lesbiche ne chiede la messa al bando in quanto moderna forma di schiavitù, altre invece discutono ipotesi di regolamentazione.

Anche se nessuno di noi è chiamato a prendere una decisione nel campo legislativo, è forte la necessità e il desiderio di sapere, confrontarsi con altri, avere risposte alle mille domande che la maternità surrogata pone: 

La libertà di poter disporre del proprio corpo e  partorire figli per altri è centrale oppure no in questo dibattito? Chi tutela il diritto del nascituro a conoscere la propria origine biologica? Liberalizzare le adozioni porterebbe a una diminuzione della richiesta di maternità surrogata e più in generale di tecniche di fecondazione assistita? Chi sono le persone che chiedono la maternità surrogata? Perché la narrazione della nascita per via biotecnica è ancora un tabùVietare la maternità surrogata è possibile? 

Ne discutiamo da RiccioCapriccio con due donne appassionate e competenti che ci aiuteranno a trovare risposte alle domande per creare la nostra personale e informata opinione sul tema.

Coordina domande, interventi e discussione Alessandra Di Pietro, giornalista.

Appuntamento dalle ore 18:30 alle 21:00, seguirà aperitivo green.

Per partecipare, prenotarsi per tempo scrivendo a:
giuliatrapuzzano@ricciocapriccio.com

 

Giorgia Serughetti, ricercatrice presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca, ha pubblicato Uomini che pagano le donne (Ediesse), saggio sulla prostituzione, e partecipato con i suoi articoli ad altre autorevoli pubblicazioni.

Paola Tavella, giornalista e scrittrice, ha pubblicato romanzi e saggi tra cui Madri Selvagge. Contro la tecnorapina del corpo femminile (Einaudi) con Alessandra Di Pietro. Al momento scrive per Amica, Io donna, Pagina99, Huffington Post.

 Alessandra Di Pietro, giornalista, ha pubblicato tre libri tra cui Godete! (Add editore) e Madri Selvagge. Contro la tecnorapina del corpo femminile (Einaudi) con Paola Tavella. Scrive su Gioia! e LaStampa.it

 

Impedite Braids Edition: come è andata

Ieri sera da RiccioCapriccio un'incontenibile Claudia D'Angelo ha rivisitato in chiave sexy e accattivante la pettinatura più antica che c'è: la treccia.

Le impedite si sono cimentate nella realizzazione di due acconciature comode, pratiche e versatili, perfette sia per l'ufficio che per far le ore piccole di sera.

Sul finale la serata ci ha regalato un colpo di scena: a venir incoronata reginetta delle impedite non è stata nessuna delle tre ragazze cimentatesi nell'ultima fatidica prova creatività, bensì Ilaria, scelta a sorpresa tra il pubblico in onore alla sua deliziosa imbranataggine.

Non perdere le prossime riunioni del Club delle Impedite e segui la nostra pagina Facebook per vedere tutte le foto di ieri sera!

Lena Dunham. Quando essere bone è da sfigate

Avete presente quell'espressione orribile e fastidiosa “la voce di una generazione”? Ecco, sono davvero poche le volte in cui è concesso usarla perché tende sempre a dar l’idea di boiata pazzesca. Uno dei casi in cui però è più che lecito usarla è quando si parla di Lena Dunham. Nata nell'86 a New York è diventata nel giro di pochi anni una genialità ambulante grazie al suo Girls, dramedy della HBO che ha ideato, dirige, sceneggia, recita e in cui si spoglia. Il suo spogliarsi però, finalmente, è DAVVERO funzionale alla storia. Il suo personaggio, Hanna Horvath, vive le stesse ansie mie e tue di ogni giorno. Si sente un cesso, crede di essere una fallita ma in realtà ha una mal celata autostima ed un ego che riempirebbe l’Europa, si trucca poco e male, ha tatuaggi improbabili di CASE SULLA SCHIENA e, ormai, sta bene così. Esorcizza tutte le sue insicurezze mettendosi, letteralmente, a nudo. E già che c’è, vuole far capire anche a noi povere quanto sia bello e giusto potersi andar bene così. Hanna, ed evidentemente anche Lena, è arrivata ad un punto dell’esistenza in cui “Oh, io sono questa. Che tocca fà?” In Girls è circondata da amiche bone e favolose, ed ora che siamo arrivati alla quinta serie, è ciò un cruccio per lei? No. Perché? Perché fottesega. Loro saranno sì bone e favolose ma lei ha dalla sua la quasi irraggiungibile e tanto agognata sicurezza di sé. Vuoi mettere? Portar bene la bruttezza (povera Lena, neanche troppa a dire il vero) è un dono, essere genie talentuose ed avere a 30 anni all’attivo un libro, un film, una serie tv e una newsletter femminista (Lenny Letter) lo è altrettanto. E Lena ci ricorda ogni giorno tramite il suo profilo Instagram quanto in realtà essere bone sia da sfigate.


IO VERAMENTE LA FAVOLOSITA'
LA FAVOLOSA RUBRICA SPIN-OFF DI IO VERAMENTE GUARDA

di Francesca Giorgetti

29 anni, ultimamente romana ma pratese per sempre. Appassionata a livelli patologici di serie tv e Maria De Filippi. Lavora in tv e scrive di serie anche su Io Veramente Guarda.

Watchlist: essere osservati non fa paura

"Siamo costantemente osservati. E il fatto che questo non ci sconvolga più è di per sé sconvolgente".

Watchlist di Edizioni Clichy è una raccolta di 32 racconti - uno più disturbante e bellissimo dell'altro - in cui si cerca di rispondere alla domanda fondamentale dell'era di Internet: fino a che punto lo sguardo altrui definisce ciò che siamo? 

E da qui gli altri quesiti che tutti noi, nel nostro intimo, dietro ai cristalli liquidi di un laptop, ci siamo posti almeno una volta davanti al "Che cosa stai pensando?" di Facebook.

Come modifica il nostro comportamento l'essere osservati? La sorveglianza costante, i cookie, la quantità di informazioni che quotidianamente cediamo gratis in cambio di un non-luogo dove esistere in forma digitale e smagliante, quanto incidono sulla qualità della nostra vita?

Probabilmente la cosa da capire, alla fine di tutto, alla fine del trentaduesimo racconto di Watchlist e alla fine di un qualsiasi nostro tweet, è che non abbiamo niente da temere. È solo una commedia... molto, molto realistica.

Grimes: l'artista-DIY dal cyber look

Se pensate te che Madonna sia una popstar polifunzionale (visto quanto sia tonica e muscolare non stupisce che abbia sparso palestre in tutto il mondo) probabilmente non conoscete Grimes, dichiarato alter-ego della ventottenne Claire Boucher.

Oltre a dei capelli fantastici che cambia più o meno ogni settimana e un look tra follia giapponese e streetstyle, Grimes suona e produce da sola i dischi (quattro finora) nella sua cameretta, dirige i suoi video e ha fondato la Eerie organization, un incubatore artistico per musicisti.

Immaginate una Enya cyber-pop che flirta con Aphex Twin, e quella è la Grimes di Visions, l'album che l'ha fatta conoscere all'intero mondo.

Dopo qualche anno fa uscire un brano che non c'entra nulla con quello che aveva fatto prima (e infatti era stato scritto per Rihanna), che ha fatto infuriare i fan e che le ha fatto candidamente ammettere che il suo nuovo album faceva schifo e che doveva ricominciare da capo.

Immaginate ora una versione intelligente, stramba e piena di idee del k-pop giapponese o del pop da classifica tipo Beyoncé (che Claire ha inserito nella sua top five musicale) ecco, quello è Art Angels, il suo ultimo album.

Non chiamiamola ragazza prodigio, chiamiamola artista-DIY e se a questo punto non vi ho incuriosite, beh, non vorrei essere scortese ma forse non avete capito niente.


YOU GO, GIRL!
DONNE CHE LAVORANO, TALENTI EMERGENTI E ALTRE ECCELLENZE GEN(D)ERICHE

di Antonia Caruso

Antonia scrive col pensiero, coi gatti e coi capelli. In genere su Ericosìcarina | Gender e antigender ma anche da altre parti.

Broad City: due amiche deficienti a New York

C’è una serie, in onda su Comedy Central e prodotta da Amy Poehler, il cui sunto potrebbe essere tranquillamente: due ragazze ebree fuori come i culi che cazzeggiano a giro per New York.

Abbi e Ilana sono due trentenni amiche del cuore, una più rincoglionita dell’altra, che tentano - ognuna a modo proprio - di sopravvivere in quella città diffiiiicile che è New York. Ebree entrambe, sono i personaggi alter ego delle due creatrici della serie, Abbi Jacobson e Ilana Glazer, a cui danno corpo e voce recitando nella loro creazione facendo restare gli spettatori sempre in bilico tra il "WTF?" e il "GENIEEEEHH!".

Il tema di una delle ultime puntate andate in onda è un grande classico argomento di un sacco di film e telefilm: lo scambio d’identità. Qui non c’è il desiderio forte forte di trovarsi nei panni l'una dell’altra e il risveglio col desiderio esaudito ma c’è Ilana (la più marcia tra le due) che chiede ad Abbi di fingere di essere lei, così da lavorare al posto suo nel negozio bio da zecche in cui per poter comprare le zucchine a km 0 bisogna fare volontariato altrimenti vieni cacciato dalla responsabile del negozio, una hippy vecchia e sporchissima che allatta un bambino invisibile avvolto in cento coperte. Abbi ovviamente accetta ed Ilana le fa una sorta di lezione intensiva su come essere lei. Parlare dicendo cose senza senso è il primo passo, essere strafatta di erba il secondo e vestirsi come fossero i ruggenti anni ’80 il terzo, fondamentale.

Il look INCREDIBILE di Ilana è infatti uno dei segni particolari della serie che oltre ad avere riferimenti pop commoventi (nell’intro della prima puntata della terza serie Abbi ha il vestito bianco e oro, Ilana quello nero e blu, do you know?*) punta tantissimo sulla follia totale delle due protagoniste, una delle quali caratterizzata anche e soprattutto coi costumi, appunto.

Leggins a vita alta, crop top di rete, marsupi, borse minuscole allacciate in vita, shorts shortissimi a vita alta, cappellini improbabili, smoking da uomo e maglioncini per cani minuscoli usati come top. Perché Ilana è sobria ed elegante. Il suo malcelato odio per qualsiasi forma di lavoro e la totale incapacità di essere anche solo vagamente opportuna nel modo in cui si presenta è una cosa che a te spettatore fa sentire un sacco meno solo e anche se sai che quella roba allucinante che ha addosso può starbene solo a lei, una nana dai capelli ricci e la bocca larga coi tratti tipicamente ebrei, a una certa ti vien voglia di lanciar via le cose dell’armadio e dire “ma sticazzi, ci posso andare anch’io a giro così, con gli orecchini dorati con scritto LATINA, coi marsupi e con le camicie annodate sotto le tette”. O forse no.

Magari per continuare ad avere una più o meno sana vita da adulte lavoratrici è più consigliabile buttarsi sullo stile di Abbi, già più unadinoi con i suoi jeans, magliette, vestitini e una comprensibilissima voglia di sembrare, almeno all’apparenza, normale.
 

*L'unico, inimitabile, #TheDress


IO VERAMENTE LA FAVOLOSITA'
LA FAVOLOSA RUBRICA SPIN-OFF DI IO VERAMENTE GUARDA

di Francesca Giorgetti

29 anni, ultimamente romana ma pratese per sempre. Appassionata a livelli patologici di serie tv e Maria De Filippi. Lavora in tv e scrive di serie anche su Io Veramente Guarda.

Il Club delle Impedite: serata rimandata

Car* tutt*,

in seguito ai tragici eventi di questa mattina, RiccioCapriccio, in accordo con l'intero staff e con Claudia D'Angelo, ha deciso di rimandare la serata Il Club delle Impedite: Braids Edition.

Il Club si riunisce per fare festa in un'atmosfera lieve e giocosa. Oggi, con il pensiero a Bruxelles, ci rendiamo conto che questo non è possibile.

Continuate a seguirci per aggiornamenti.