Il re dei cocktails: il Martini

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1960s-martini-vintage-lesalinaSicuramente vi sarà capitato di vedere un film hollywoodiano in cui qualcuno, di solito il/la protagonista, tiene in mano una coppetta Martini (che non a caso si chiama così) con dentro un liquido trasparente e un'oliva verde (o una scorzetta di limone), ebbene, non ci si può sbagliare: si tratta del cocktail più leggendario e raffinato della storia della miscelazione.Il Cocktail Martini ha una ricetta apparentemente semplicissima, 8 parti di gin e 2 parti di vermouth dry, ma nella sua epoca d'oro, quella tra gli anni '30 e gli anni '60 del Novecento, la quantità di vermouth della mistura è andata sempre più riducendosi, tanto che Luis Buñuel, grandissimo martinista, sosteneva che per fare un buon Martini bastasse semplicemente accostare il bicchiere col gin a una bottiglia di vermouth dry. Ma Buñuel non è stato il solo grande personaggio a nutrire un'adorazione maniacale per questo cocktail e a usarlo come biglietto da visita di gran classe, era in ottima compagnia: Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Truman Capote, Ian Flaming, Cole Porter, Frances Delano Roosvelt, Nikita Krusciov e Doroty Parker, che gli ha dedicato un delizioso indimenticabile aforisma:

«Adoro farmi un Martini, massimo due, al terzo finisco sotto il tavolo, al quarto sotto il mio ospite».

Il Martini rappresentava il buon vivere, l'eleganza, l'intelligenza, il mistero: nei suoi anni di massimo splendore era impossibile prescinderne se si voleva far parte del bel mondo, e non si poteva non conoscerlo e desiderarlo se non se ne faceva parte. Insomma, un drink da una parte profondamente elitario, ma dall'altra anche incredibilmente popolare. I film della Hollywood dell'epoca ne sono zeppi (lo beve Bette Davis in Eva contro Eva), perché serviva a corroborare il carattere di un personaggio deciso, brillante, intelligente ma anche estremamente elegante, tanto che anche adesso, se si ambienta un film o una serie tv nell'alta società o nel mondo del cinema di quegli anni non si può prescindere dal cocktail più amato e celebre di tutti i tempi: non è certo un caso se in Mad Men viene bevuto a turno da quasi tutti i personaggi della serie ma anche nel recentissimo Masters of Sex, in cui il Dottor Masters, per un'importante presentazione della sua pionieristica e azzardata ricerca scientifica sulla natura fisiologica del piacere e dell'orgasmo, per far colpo sull'auditorio e garantirsi così l'appoggio accademico dei suoi tradizionalissimi colleghi, sceglie di far servire proprio il Martini, dopo un eclatante scambio di battute con la moglie:

- Sei sicuro del Martini? Perché potrei mettere insieme un delizioso Plunter's Punch. - Il Punch va bene per le partite di Bingo. Qui l'atmosfera deve riflettere il significato dello studio. […] Lo studio merita un pubblico aperto e ricettivo, si tratta di preparare il terreno. I Martini danno il tono giusto.

Ebbene, tutta questa premessa per dire che oggi il Cocktail Martini, questo drink leggendario definito da Bernard De Voto «il massimo contributo americano alla cultura universale» e da Henry Louis Mencken «l'unica invenzione americana perfetta come un sonetto» è stato, dai più, tristemente dimenticato, e sostituito nell'immaginario collettivo da mischioni senza senso e senza storia come il Long Island Ice Tea (già citato in questa sede come il cocktail più tamarro di sempre). martini Io che lavoro come barman e che troppo raramente mi sento ordinare questa mitica miscela di gin e vermouth, desidero oggi rendere omaggio al drink che più di ogni altro è stato il simbolo del bevitore gaudente ma misurato, elegante ma mai snob, di successo ma sempre alla mano: insomma, una perfezione simbolica mai raggiunta da nessun'altra bevanda miscelata. Il meraviglioso paradosso di tutto questo è che al mistero inafferrabile del Cocktail Martini si addice perfettamente questo essere ormai appannaggio di pochi, pochi meritevoli conoscitori della storia del buon bere che sopravvivono al declino alcolico che li circonda con garbata indifferenza, come se quella coppetta tra le mani, da sorseggiare con rigorosa lentezza, e quella piccola oliva verde a dare un punto minimo di colore, conferissero al bevitore un'aura di leggerezza e sospensione su tutte le beghe terrene, su ogni questione meramente materiale, e lo ponessero anzi come per magia nella posizione di chi non solo osserva, ma dall'alto della sua elegante sospensione, sa osservare con pacata saggezza e sardonica intelligenza il caos incommensurabile e la totale assenza di senso che lo circondano. Se vi trovate in un buon bar, provate a ordinare un Cocktail Martini, e predisponetevi nel giusto animo: se avvicinerete le labbra al bicchiere con la giusta dose di attenzione rituale e di armoniosa lentezza, il Martini vi confiderà i suoi segreti.