stampa 3d

Nuovi esperimenti: moda e stampa 3D

Se pensate che la stampa 3D applicata alla moda sia un concetto ancora fantascientifico o se non lo pensate ma siete scettiche che la stampa 3D possa andare oltre l'alta moda, beh, un po' avete ragione.

Quello che si è visto finora sono spesso più sperimentazioni di forme e materiali.

Come Energetic Pass, le scarpe spiraloidi di Neta Soreq disegnate a partire dalla conformazione delle fibre muscolari e in modo da rendere più elastica la camminata oppure la collezione Biomimicry di threeASFOUR, basata su tre spirali create da un armonografo 3D (un aggeggio che usa dei pendoli per disegnare) e sulla serie di Fibonacci.

Insomma cose belle da vedere e da immaginare e capire, ma non so quanto comode da indossare. Se qualche designer mi vuol far provare qualcosa, mi faccia sapere.

Ma non ci sono solo matti esperimenti, l'altra parola d'ordine è personalizzazione.

Grandi brand sportivi come Nike, Adidas e New Balance stanno sperimentando la stampa 3D per alcune parti di scarpe da corsa , ad esempio suole o intersuole (la parte che serve ad ammortizzare i colpi, e pare che sia la parte più importante delle scarpe da corsa), personalizzandole sul piede di chi corre.

In occasione delle Olimpiadi di Rio, Nike ha anche progettato per la velocista Allyson Felix un paio di scarpe da corsa su misura. Ci sono voluti quasi 70 modelli per trovare la forma perfetta, tomaia nera e suola cromata, alla faccia di Cenerentola.

Jess Haughton, studentessa di moda, ha ideato invece una linea di lingerie di silicone, tagliato su misura e con la possibilità di ricami, il cui nobile scopo è quello di eliminare la VPL, cioè la Linea Visibile delle Mutande (esiste un acronimo apposta, sì). E siamo solo all'inizio.


YOU GO, GIRL!
DONNE CHE LAVORANO, TALENTI EMERGENTI E ALTRE ECCELLENZE GEN(D)ERICHE

di Antonia Caruso

Antonia scrive col pensiero, coi gatti e coi capelli. In genere su Ericosìcarina | Gender e antigender ma anche da altre parti.

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Mink, il make up tra hacking e do it yourself

Se siete appassionate di make up, anche abbastanza incontentabili quando si tratta di nuance di colore, sapete anche cosa sia un codice colore CMY, e avete pure una certa dimestichezza con il D-I-Y (l'insieme dei fattori, devo dire, è piuttosto peculiare), Grace Choi è la donna che potrebbe cambiarvi la vita, o almeno renderla più colorata ed economica.

Inserita nella lista delle 30 donne più influenti nell'ambito della stampa 3D dal sito all3dp.com, Grace Choi ha un grande sogno: farla finita con lo strapotere economico delle multinazionali della cosmetica.

Nel 2014 ha presentato la stampante 3D per make up. Si tratta, almeno nella sua versione hacker-casalinga, di una comune stampante modificata in modo tale da spruzzare invece di inchiostro su un foglio, del pigmento su un cosmetico a base bianca, che sia polvere per ombretti o rossetto.

Quest'anno invece è stata la volta della Mink Makeup pen, una penna/siringa che permette di mixare i colori.

Il principio è lo stesso della stampante anche se forse più preciso. Si prende un'immagine, una foto o una jpg scaricata dall'internet, si sceglie il colore che fa battere i nostri occhi di meraviglia tramite l'app che decodifica il codice colore CMY, cioè la versione ridotta della quadricromia, cioè CMY+K con cui vengono effettuate le stampe. Nulla di arcano: ogni colore viene composto usando quattro colori primari: C come Ciano, M come Magenta, Y come Yellow e K come nero (ma in questo caso il nero non c'è).

Sulla Mink Makeup si imposta il valore di ogni colore, con una pipetta se ne aspira la quantità esatta e si mescolano sempre su un cosmetico bianco. Si mischia tutto e magia! il cosmetico è pronto!


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di Antonia Caruso

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