recensione

Alessandra Di Pietro, Il gioco della bottiglia

#checosastoleggendo

Come è potuto accadere che alle feste di scuola media ci siano birre al posto dell'aranciata? @DeLempicka

Alessandra Di Pietro Il gioco della bottiglia - Alcol e adolescenti, quello che non sappiamo Add Editore pag. 189

Ho 18 anni e sono la figlia perfetta: studente modello, ballerina di talento, ogni estate in Inghilterra, il mio promesso sposo è un bravissimo ragazzo, i nostri genitori sono amici, le nostre madri sono più fidanzate di noi due, glielo dico spesso per riderci su ed è la verità. Alla maturità prendo 100 e lode, voglio diventare medico e tutti approvano. Faccio il test d'ingresso alla facoltà in scioltezza ma non sono ammessa. E' un crash imprevisto che fa crollare il castello. [...] Non voglio pensare a domani mattina quando mi sveglio e la felicità non c'è più, ho un senso di colpa addosso che mi fa schifo, mi sento una stronza ad averla data via a uno di cui non mi ricordo il nome e meno male sennò devo giustificarmi con le mie amiche se non mi chiama, [...]La ragazza che balla sfrenata e fa sesso con chi vuole sono io, mi sento vera e autentica ma non sono in grado di sostenere quell'audacia e le sue ricadute dentro la mia vita quotidiana. Sono su un'altalena e mi muovo tra piacere e disagio, l'oscillare non mi è più lieve, cado dentro una scissione di personalità, sono incagliata, voglio uscire da questa trama coatta. Mollo le mie amiche ma l'angoscia sale, mangio e vomito, bevo e vomito, fumo moltissimo, prendo il Prozac, mangio di più e vomito tutto, ora bevo anche da sola a casa, l'alcol è il mio ansiolitico, non c'è più allegria. Tocco il fondo, risalgo con uno psicanalista, tre sedute a settimana, dopo sei mesi sto già meglio.[...] L'alcol è stato il mio termometro e mi ha fatto scoprire quanto alte sono le temperature che posso raggiungere ma anche quanto posso cadere in basso. Ora ne ho fatto un termostato e sono io che regolo a che punto deve stare.

William Faulkner, Luce d'agosto

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"L'uomo fa molto più di ciò che può o deve sopportare. E così finisce col credere di poter sopportare qualunque cosa. E questo è terribile. Che possa sopportare qualunque cosa, qualunque cosa." @DeLempicka

William Faulkner Luce d'agosto Adelphi pag. 423

Seduta sul bordo della strada, guardando il carro che viene su per la salita verso di lei, Lena pensa: 'Arrivata fino a qui dall'Alabama: una bella distanza'. Pensando non è neanche un mese che sono in viaggio e sono già in Mississippi, più distante da casa di quanto sono mai stata. ora sono più distante dalla segheria di Doane di quanto sono mai stata da quando avevo dodici anni. Prima che le morissero il padre e la madre non era mai stata nemmeno alla segheria di Doane, anche se sette o otto volte l'anno, di sabato, era andata in paese col carro, con un vestito di quelli comprati per corrispondenza e coi piedi nudi posati sul cassone e le scarpe rinvoltate in un pezzo di carta accanto a lei sul sedile. Le scarpe se le metteva poco prima che il carro arrivasse in paese. Quando diventò più grande chiedeva al padre di fermarsi prima di entrare in paese, scendeva dal carro e proseguiva a piedi. Non diceva a suo padre perché voleva camminare invece di rimanere sul carro, e lui credeva che fosse per via delle strade pavimentate, dei marciapiedi. Invece era perché secondo lei la gente che la vedeva e che la incontrava andando a piedi pensava che anche lei vivesse in paese. Quando aveva dodici anni il padre e la madre erano morti nella stessa estate in quella casa fatta di tronchi, tre stanze e un corridoio, niente reti contro le zanzare, in una stanza con una lampada a cherosene e tutt'intorno un vortice di insetti, il pavimento nudo reso liscio come argento vecchio dai piedi nudi. Lei era la più piccola dei figli viventi. Sua madre morì per prima. Disse, "Abbi cura del babbo". E così Lena fece. Poi un giorno suo padre disse, "Vai alla segheria di Doane con McKinley. Preparati a andare, sii pronta quando arriva". Poi morì. McKinley, il fratello, arrivò con un carro. Un pomeriggio seppellirono il padre in un boschetto dietro una chiesa di campagna, con una tavola di pino per lapide. La mattina dopo Lena se ne andò per sempre, anche se forse in quel momento non lo sapeva, sul carro insieme a McKinley alla volta della segheria di Doane. Il carro era stato preso in prestito e il fratello aveva promesso di riportarlo prima di sera.

Amélie Nothomb, Metafisica dei tubi

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Di come Dio si è fatto uomo. E tutto grazie al cioccolato bianco belga. @DeLempicka

Amélie Nothomb Metafisica dei tubi Guanda pag. 121 euro 11,00

Due anni e mezzo. Grida, rabbia, odio. Il mondo è inaccesibile alle mani e alla voce di Dio. Intorno a lui, le sbarre del lettino. Dio è prigioniero. Vorrebbe nuocere, ma non ci riesce. Perciò si vendica sul lenzuolo e sulla coperta che continua a martellare con calci incessanti. Sopra di lui, il soffitto con le sue fessure; li conosce a memoria. Sono i suoi unici interlocutori, e perciò grida loro tutto il suo disprezzo. Ovviamente, il soffitto se ne infischia. Dio ne è contrariato. All'improvviso il campo visivo viene occupato da un viso sconosciuto e non identificabile. Cos'è? E' un umano adulto e, si direbbe, dello stesso sesso di sua madre. Passata la sorpresa iniziale, Dio manifesta l'insoddisfazione con un lungo lamento. Il viso sorride. Dio sa cosa vuol dire: stanno cercando di ammansirlo. Non funziona. Mostra i denti. Il viso lascia cadere qualche parola dalla bocca. Al volo, Dio le prende a pugni. I suoi pugni, stretti, gliene danno di santa ragione a questi suoni, fino a metterli K.O. Dio sa che dopo il viso cercherà di tendere la mano verso di lui. Ci è abituato: gli adulti avvicinano sempre le loro dita alla sua faccia. ecide che morderà l'indice della sconosciuta. Si prepara. Appare infatti una mano nel suo campo visivo, ma - stupore! - ha una barretta biancastra tra le dita. Dio non ha mai visto una cosa del genere e si dimentica di gridare. - E' cioccolato bianco del Belgio, - dice la nonna al bimbo che ha appena scoperto. Di queste parole Dio capisce solo 'bianco': sa cos'è, l'ha visto sul latte e sui muri. Gli altri vocaboli gli sono sconosciuti: 'cioccolato' e soprattutto 'Belgio'. Intanto la barretta è accanto alla bocca. - Si mangia, - dice la voce. mangiare: Dio sa cos'è. E' una cosa che fa spesso. Mangiare è il biberon, il purè con pezzetti di carne, la banana schiacciata con la mela grattugiata e il succo d'arancia. Mangiare ha un odore. Questa barretta biancastra ha un odore che Dio non conosce. Ed è migliore del sapone e della pomata. Dio ne ha paura e voglia allo stesso tempo. Smorfia di disgusto e acquolina in bocca. Con un'impennata di coraggio acchiappa la novità coi denti, la mastica, ma non serve: si fonde sulla lingua, rappezza il palato, gli riempie la bocca - e accade il miracolo. La voluttà gli dà alla testa, gli lacera il cervello e vi fa rimbombare una voce che non aveva mai sentito prima: "Sono io! Sono io, vivo! Io parlo! Non sono né egli né lui, io sono io! Non dovrai più dire egli per parlare di te, dovrai dire io. E io sono il tuo migliore amico: io ti procuro il piacere." E' stato allora che sono nata, nel febbraio del 1970, all'età di due anni e mezzo, sulle montagne del Kansai, nel villaggio di Shakugawa, sotto gli occhi di mia nonna paterna, per grazia del cioccolato bianco.

Augusten Burroughs, Correndo con le forbici in mano

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"Cerca il ridicolo in tutto e lo troverai." @DeLempicka

Augusten Burroughs Correndo con le forbici in mano Bur, Rizzoli pag. 296 euro 8,50

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Quando avevo più o meno dieci anni, la mia tenuta da passeggio preferita era un blazer blu, camicia bianca e cravattino rosso a clip. Sentivo che mi faceva sembrare importante. Come un giovane re asceso al trono dopo la decapitazione di sua madre. Mi rifiutavo categoricamente di andare a scuola se non avevo i capelli perfetti, se la luce non li solcava come una superficie lucida e uniforme. Volevo che i miei capelli assomigliassero in tutto e per tutto a quelli dei manichini maschili nella vetrina di Ann August, il negozio dove si serviva mia madre. Bastava un solo capello fuori posto per far finire la spazzola contro lo specchio, come me che correvo in lacrime in camera mia. E se sui vestiti erano rimasti dei pelucchi che mia madre non era riuscita a togliere con il rullo adesivo, ecco che quella diventava un'ottima ragione per restare a casa, anche meglio di un'infezione da streptococco. A dire il vero, l'unico giorno dell'anno in cui mi piaceva davvero andare a scuola era quando ci facevano la foto ricordo. Adoravo quando il fotografo, prima di andarsene, consegnava a ognuno un pettinino regalo, un po' come nei quiz televisivi. Durante tutta la mia infanzia, mentre gli altri bambini si prendevano a botte, giocavano a baseball e si infangavano, io ero in camera mia che lucidavo i miei anelli dell'umore placcati d'oro - quelli che cambiano colore a seconda dello stato d'animo e che mi facevo comprare da mia madre da Kmart - e ascoltavo Barry Manilow, Tony Orlando&Dawn e, inspiegabilmente, Odetta. Preferivo gli "album" ai più moderni nastri stereo 8. Gli album li vendevano dentro a certe bustine che mi ricordavano tanto la biancheria pulita. Inoltre le foto di copertina erano più grandi, il che mi rendeva più semplice contare i follicoli di peluria lucida sul braccio di Tony Orlando. Sarei stato perfetto come componente della famiglia Brady. Avrei fatto la parte di Shaun, il biondino educato che non crea problemi e aiuta Alice in cucina e poi taglia anche le doppie punte ai capelli di Marcia. Non solo avrei lavato Tiger, ma gli avrei anche passato il balsamo sul pelo. E avrei messo in guardia Jan da quel braccialetto sfigato che aveva fatto perdere alle ragazze la gara dei castelli di carte.

David Foster Wallace, La ragazza dai capelli strani

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David Foster Wallace è Dio. @DeLempicka

David Foster Wallace La ragazza dai capelli strani Minimum Fax pag. 300 euro 12,50

E' il 1986. Il cielo notturno della California è illuminato e silenzioso come un palazzo nobiliare deserto. Piccole paillettes bianche disegnano lente linee sulle strade in lontananza sotto l'appartamento caldo di Faye. Faye Goddard e Julie Smith sono stese sul letto di Faye. Si mettono una sopra l'altra a turno. Fanno sesso. Le grida di Faye tintinnano come monete contro le pareti di vetro del suo attico. Faye e Julie si rinfrescano a vicenda con degli asciugamani bagnati. Nude, si mettono in piedi davanti a una parete di vetro e guardano Los Angeles. Piccoli pezzi di Los Angeles si accendono e si spengono per un istante, ogni volta che una luce ostacola un'altra luce. Julie e Faye sono a letto, da amanti. Si scambiano complimenti sui loro corpi. Si lamentano della brevità della notte. Esaminano e riesaminano, con una sorta di entusiasmo infelice, le piccole ignoranze che necessariamente, dice Julie, delimitano la strada che porta a un qualunque vero legame fra due persone. Faye dice che Julie le piaceva già da molto prima che sapesse di piacerle. Vanno insieme a prendere l'Oxford English Dictionary per esaminare la voce "piacere". Si abbracciano. Julie è molto bianca, ha i capelli corti e spinosi. Di notte, attraverso i vetri, l'oscurità della stanza è punteggiata di piccoli pezzi di Los Angeles. Il buio scende pian piano intorno a loro e le avvolge come un guanto da giardinaggio. E' incredibilmente romantico.

Romina Paula, Agosto

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Un viaggio in cui nulla inizia e nulla finisce, dove tutto viene rimesso in discussione, un romanzo che è la vita stessa. @DeLempicka

Romina Paula Agosto La Nuova Frontiera pag. 156 euro 15,00

Vogliono disperdere le tue ceneri, una cosa del genere; vogliono disperderti. Me lo ha detto ieri tuo padre quando ci siamo incontrati, mi ha raccontato il fatto dei cinque anni. In realtà già lo sapevo, ma forse non avevo realizzato che era scaduto il termine di legge. Bevevamo vino bianco, chissà perché, forse per lo stupore. Non mi piace neanche il vino bianco. Siamo andati in un bar con i faretti dicroici e le pareti gialle, perché sì, era vicino e aveva il riscaldamento acceso. Non abbiamo mangiato niente, era troppo presto per la cena, e troppo tardi per la merenda. E poi ci eravamo già decisi per il vino. Bianco. Quindi immaginati che botta. Il vino, le ceneri, le due cose insieme. Jorge mi dice che ora si può esumare il corpo, il tuo, che ormai possiamo esumarti, cioè, possiamo disporre di te. Visto che è scaduto il termine legale per l'esumazione ti possono tirare fuori da quella tomba anonima e disporre, disporre del tuo corpo. Mi dice che ti vogliono tirare fuori da lì per disperderti altrove, pare che ti vogliano disperdere da qualche parte, o seppellirti, non so, non ho capito molto bene, credo che neanche loro abbiano le idee molto chiare su cosa fare. Ci teneva a raccontarmelo di persona, a invitarmi a casa tua, per le spese del viaggio non c'è problema, non mi devo preoccupare se non ce la faccio, loro vogliono a tutti i costi che io sia lì, è importante che ci sia. Voleva coinvolgermi, comunicarmi la decisione, sapere cosa ne pensassi. Cinque anni, porca puttana, non ci posso credere, sono già passati cinque anni. Certo che sì, certo che ho qualcosa da dire, ho molto da dire, un sacco di anni senza quasi parlarne, solo qualche parola con le stesse - poche - persone, certo che ho qualcosa da dire.

Bio Romina Paula è nata a Buenos Aires nel 1979. Attrice, drammaturga e regista teatrale. Nel 2009 pubblica Agosto, il suo secondo romanzo che conferma la sua come una delle voci più interessanti della letteratura argentina contemporanea.

Magda Szabò, La porta

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Due donne diverse, due destini che si incrociano. Un romanzo imperdibile. @DeLempicka

Magda Szabò La porta Einaudi pag. 259 euro 11,50

Sogno raramente. E se capita, mi risveglio di soprassalto in un bagno di sudore. In questi casi, poi, mi abbandono nel letto e medito sul potere magico e inesorabile delle notti aspettando che il cuore si calmi. Da bambina, o da ragazza, non, non facevo sogni, né belli né brutti, è la vecchiaia che mi trasporta senza sosta con orrore impastato di detriti del passato, che mi travolge con la sua massa via via sempre più compatta, sempre più opprimente, un orrore più tragico di ogni esperienza reale perché le cose che vedo nell'incubo non le ho mai vissute sul serio. E mi risveglio urlando. I miei sogni sono assolutamente uguali, tessuti di visioni ricorrenti. Sogno sempre la stessa cosa, sono in piedi, in fondo alle nostre scale, nell'androne, mi trovo sul lato interno del portone con il telaio di acciaio, il vetro infrangibile rinforzato di tessuto metallico, e cerco di aprirlo. Fuori, in strada, si è fermata un'ambulanza, attraverso il vetro intravedo le silhoutte iridescenti degli infermieri, hanno volti gonfi, innaturalmente grandi, contornati da un alone come la luna. La chiave gira nella serratura, ma i miei sforzi sono vani, non riesco ad aprire il portone, eppure so che devo far entrare gli infermieri altrimenti arriveranno troppo tardi dal mio malato. La serratura è bloccata, la porta non si muove, come se fosse saldata al telaio d'acciaio. Grido, invoco aiuto, ma nessuno degli inquilini che abitano sui tre piani della casa mi ascolta, non possono farlo perché - me ne rendo conto - boccheggio a vuoto come un pesce, e quando capisco che non solo non riesco ad aprire il portone ai soccorritori, ma sono anche diventata muta, il terrore del sogno raggiunge il culmine.

Bio Magda Szabò (1917- 2007), autrice di numerosi romanzi, drammi e raccolte di poesie. Tra questi: La ballata di Iza, Via Katalin, L'altra Eszter e Il vecchio pazzo.

Richard Yates, Disturbo della quiete pubblica

C'è un John Wilder in ognuno di noi. Della pazzia e altre storie. @DeLempicka

Richard Yates Disturbo della quiete pubblica Edizioni Beat pag. 248 euro 9,00

Per Janice Wilder le cose cominciarono ad andare storte nella tarda estate del 1960. E il peggio, come non fece che ripetere in seguito, il lato più orribile della faccenda è che tutto parve capitare senza il minimo segno premonitore. Aveva trentaquattro anni e un figlio di dieci. Non la seccava il fatto che la sua gioventù stesse svanendo – non era stata comunque una gioventù avventurosa, né priva di preoccupazioni – e, se il matrimonio era stato per lei più un modo per sistemarsi che una storia d’amore, anche questo le stava bene così. Nessuno ha una vita perfetta. Le piaceva lo svolgersi ordinato delle sue giornate, le piacevano i libri, che possedeva in gran quantità, e le piaceva anche il suo appartamento alto e luminoso, con vista sui grattacieli di Manhattan. Non era certo lussuoso o elegante, ma era un appartamento comodo; e comodo era una delle parole preferite da Janice Wilder. Le piaceva anche la parola civile, e ragionevole e sistemazione e rapporto. Erano poche le cose che la sconvolgevano o la spaventavano; le uniche a riuscirci, al punto di farle gelare il sangue, erano le cose che non capiva. «Non capisco» disse al marito per telefono. «Come sarebbe a dire, che “non puoi” tornare a casa?» E lanciò un’occhiata imbarazzata al figlio che mangiava una mela seduto sul tappeto, tutto preso dal notiziario serale della CBS.

Bio Richard Yates (1926- 1992) è stato autore di sette romanzi e due raccolte di racconti. Fra le sue opere: Revolutionary Road, Undici solitudini, Easter Parade, Bugiardi e innamorati, Proprietà privata.

Erica Barbiani, Salone per signora

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Di parrucchieri, assistenti punk e piccoli paesini: una storia irresistibile @DeLempicka

Erica Barbiani Salone per signora Elliot Edizioni pag. 278

Ti muore la mamma. Hai appena finito le medie. Sei in piena adolescenza e tua sorella è una bambina capricciosa. Friga, ti sta sempre addosso, e non crede alla balla che vostra madre abbia traslocato dagli angioletti.[...] In meno di una settimana, tuo padre si dilegua e arriva una zia dall'India di cui non conoscevi l'esistenza. La nuova parente è oggettivamente stramba: molto bassa, molto distratta, serena al limite dell'insopportabile. Mentre parla non guarda te, ma un punto al centro della tua fronte. Tua sorella fa le boccacce e zia Adele non reagisce. O è scema, o ha evidenti problemi di vista. Ti annuncia che andrete a vivere in una specie di convento su in montagna. L'unica soluzione che le sia venuta in mente per prendersi cura di voi, confessa.[...] E poi c'è la promessa che hai fatto a mamma un attimo prima di vederla gettarsi dal balcone. Che avresti dato piacere, soltanto piacere, alle donne, che le avresti aiutate (sì, mamma, sì); che le avresti sostenute nei loro progetti (ovvio, mami); e ti saresti dato da fare in ogni modo, hai giurato solennemente - pur di renderle felici e contente. Quella sventurata di tua madre aveva la tendenza a ripetersi (sindrome ossessiva, ti ha spiegato l'assistente sociale il giorno del funerale). Hai promesso, in sintesi, di non diventare uno stronzo come tuo padre.

Bio Erica Barbiani, nata nel 1978, ha una laurea e un dottorato in sociologia. Con Videomante, casa di produzione di cui è socia fondatrice, realizza documentari d'autore per la Rai, Arte France e altri broadcaster europei. A ispirarla è il Friuli, regione dove è nata e vive.

Domenico Starnone, Lacci

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Che cosa lasciamo quando lasciamo qualcuno? @DeLempicka

Domenico Starnone Lacci Einaudi Supercoralli pag. 138 euro 17,50

Mi fai l'esempio della scalinata. Hai presente - dici - quando si fanno le scale? I piedi vanno l'uno dietro l'altro così come abbiamo imparato da bambini. Ma la gioia dei primi passi s'è persa. Ci siamo modellati, crescendo, sull'andatura dei nostri genitori, dei nostri fratelli maggiori, delle persone a cui siamo legati. Le gambe ora vanno su in base ad abitudini acquisite. E la tensione, l'emozione, la felicità del passo sono andate perdute come anche la singolarità dell'andatura. Ci muoviamo credendo che il movimento delle gambe sia nostro, ma non è così, con noi fa quei gradini una piccola folla cui ci siamo adeguati, la sicurezza delle gambe è solo il risultato del nostro conformismo. O si cambia passo - concludi - ritrovando la gioia degli inizi o ci si condanna alla normalità più grigia. Ho riassunto bene? Ora ti posso dire la mia opinione? E' una metafora stupida, sai fare di meglio, e tuttavia te la do per buona. Al solito modo figurato hai voluto farmi sapere che una volta siamo stati felici ma che in seguito quella felicità si è piegata a riti che, se da un lato hanno permesso ai giorni, ai mesi e agli anni di scorrere senza troppi problemi, dall'altro hanno soffocato sia noi che i bambini. Benissimo. Ora però mi devi spiegare cosa ne viene di conseguenza. Vuoi dire che se fosse possibile torneresti volentieri a quindici anni fa, ma poiché regredire non si può e d'altra parte il desiderio del piacere degli inizi è forte, non ti resta che ricominciare con Lidia? Vuoi dire questo? Se è così ti do una notizia. Anche io da qualche tempo sento che la mia gioia di una volta si è indebolita. Anche io da qualche tempo penso che siamo cambiati, che il nostro cambiamento faccia male a noi, a Sandro e ad Anna, che il rischio sia una convivenza tormentosa per noi e per i bambini. Anche io da qualche tempo temo che, se ci riduciamo a vivacchiare insieme e a crescere i figli, agiamo contro di noi e contro di loro, e allora è meglio che ti lasci. Ma io, io, a differenza di te non credo che le chiavi del paradiso terrestre siano andate perdute per colpa tua e che perciò mi convenga attaccarmi a un altro meno sbadato. Io non vi sopprimo, io non nego, pur di liberare me stessa, la vostra esistenza.

Bio Domenico Starnone (Napoli, 1943) ha fatto a lungo l'insegnante, è stato redattore delle pagine culturali del "Il Manifesto". Per Einaudi ha pubblicato Spavento (2009) e Autobiografia erotica di Aristide Gambia (2011).

Nadia Terranova, Gli anni al contrario

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"In passato non ho avuto la tua debolezza ma ora vorrei il tuo coraggio".

@DeLempicka

Nadia Terranova Gli anni al contrario Einaudi Stile Libero Big pag. 152 euro 16,00

Aurora e Giovanni avevano deciso che si sarebbe chiamata Mara. Come la ragazza di Bube, aveva detto Aurora. Come Margherita Cagol, aveva aggiunto Giovanni. Margherita, detta Mara, la moglie di Renato Curcio, morta pochi anni prima. La bambina nacque con enormi pupille nere e fissò tutti con aria interrogativa. L'avvocato e il fascistissimo convennero su un punto: uno in tribunale e l'altro in carcere avevano incontrato mafiosi e assassini, eppure nessuno li aveva spaventati allo stesso modo. - Lo sguardo di questa picciridda mi inquieta più di quello dei delinquenti, almeno loro non parlano! Certo, meno di quello del mio professore di matematica quando mi doveva interrogare, - aggiunse l'avvocato soddisfatto, e tutti attorno risero. Giovanni arrivò molte ore dopo. Il fascistissimo lo accolse con gli occhi ancora lucidi e una bottiglia di champagne.

Bio Nadia Terranova (1978) è nata a Messina e vive a Roma. Tra i suoi libri, Bruno. Il bambino che imparò a volare (Orecchio Acerbo 2012, illustrazioni di Ofra Amit) che ha vinto il Premio Napoli e il Premio Laura Orvieto ed è stato tradotto in Spagna. Collabora con «IL Magazine» e «pagina99». Gli anni al contrario è il suo primo romanzo.