Sedute al tavolo dell’Osteria Il Barattoloa Bologna, le tre ragazze discutono di che cosa puoi dire oppure no alle tue più care amiche. E sono d’accordo: “Fino ad oggi è stato bello e possibile dirsi tutto. Senza censure. Tranne sugli uomini. Devi stare attenta a citare quelli con cui entrambe avete avuto una storia, seppur in tempi differenti, agli attuali se mai fossero scoperti con altre e nel futuro non metterti mai con il suo ex”. Angela, Francesca e Marinella hanno tra i 22 ai 26 anni, sono incantevoli da guardare, coinvolgenti da ascoltare. Animate dall’entusiasmo che solo una relazione intima e potente con una amica sa darti, piluccano salumi e crescentine, sono fiduciose l’una verso l’altra, si promettono di continuare ad esserlo. Sono in gamba. E vogliano provarci. Ad essere amiche con il coraggio di sapersi confrontare. Oggi che va tutto bene e domani quando qualcosa potrebbe anche andare storto. Cresciamo con il mito della sorellanza per sempre, crediamo sia possibile avere relazioni paritarie tra donne, confidiamo nella trasparenza dell’amicizia femminile. Vogliamo credere che almeno tra noi ragazze si avveri la favola di volersi bene sempre e comunque, amarsi in sincerità, stringersi forte nella buona e nella cattiva sorte. E’ il sogno del principe azzurro ma vestito di rosa, l’utopia di un mondo giusto, l’illusione che una relazione scelta per nostro piacere funzioni bene e senza troppi sforzi. A volte succede. Però non è solo né sempre così. In L’amica geniale di Elena Ferrante (e/o) Lila ed Elena sono due bambine che crescono nei vicoli napoletani durante il boom economico. La prima è spavalda e coraggiosa, la seconda impaurita e soggiogata. Lila detta legge sui maschi, Elena non alza lo sguardo pur seguendola ovunque. Crescendo sarà chiaro ad entrambe che Lila è geniale e non servono i voti a stabilirlo: scrive prima degli altri e meglio, impara a tradurre il greco da sola, ha idee non banali né convenzionali su ogni fatto anche se smette a 13 anni di andare a scuola. La ligia e obbediente Elena al liceo avrà pagelle che le varranno la stima di tutti ma non di se stessa. Perché lei sa che ogni scintilla nella sua scolastica bravura è accesa solo dalle parole che scambia con Lila. Gli altri lo ignorano. Il loro segreto così faticoso per Elena sarà il sigillo di una relazione che durerà una vita intera. Tra amiche esiste, eccome, anche la menzogna, la sopraffazione, la competizione, la rivalità, l’abbandono, eppure questo non scalfisce il mito dell’indissolubilità. Annaluisa, 42 anni, umbra, ingegnere informatico con la passione del Kitesurf: “Esco da due esperienze devastanti ma non mollo l’idea che la migliore amica è la persona con cui condividi un grande amore senza il sesso (e non sempre). E continuerai ad amarla sempre anche se lei ti mette da parte, dopo 30 anni, perché magari ha deciso di allargare le sue conoscenze”.
Un buon antitodo alle delusioni può essere allora accogliere le differenze: di bellezza, potere, saggezza, riconoscere quando l’ammirazione cela l’invidia, ammettere se l’altra è migliore (o peggiore), sapere che l’amicizia di moltiplica e non si divide (l’esclusività è faticosa peraltro), consapevoli che nulla è per sempre ma con molta fatica si può aspirare a durare senza creparsi. Questo realismo non distrugge la sorellanza, anzi. Vi farà ragazze forse un po’ disilluse ma sapienti e capaci di gestire le amicizie più complesse. E un po’ come succede per il matrimonio: per farlo vivere bene, a lungo e con successo non bisogna dirsi tutto, ma solo quello che serve per stare bene.
Marilena, 25 anni, traduttrice, da Los Angeles mi scrive in tre tweet le “Tre cose che non le dirò mai. Regole di igiene morale con la mia più cara amica. La prima. Un tradimento del marito. Non voglio farla stare male e non lo ritengo un fatto grave. La seconda. Se è ingrassata. Neanche arrivasse a cento chili. Lo giuro. Sarebbe solo una cattiveria. Esistono gli specchi e lo sa già da sé. Terza. Non citare più il grande amore della mia vita. Le ho dato un tale tormento in passato ed era un tale schifo di storia che non vuole sentirla nominare. E ha ragione”. Antonia, 40 anni, proprietaria di un centro di benessere, vicino Milano, è più intransigente: “Non si dice mai tutto a nessuno, migliore amica compresa e spero sempre sia un atteggiamento reciproco. Ho la necessità di conservare uno spazio personale inviolabile, un luogo dove nessuno posi lo sguardo o metta bocca e che, se ben coltivato e custodito mi rende forte, migliorando il mio rapporto con gli altri, care amiche comprese”. Cinzia Ficco, pugliese (tipitosti.com il suo blog) adotta invece modelli specifici per ogni amica ma “se ci tengo provo ad essere diretta”. Rischiando grosso: “Così ebbi il coraggio di dire a Grazia che il suo matrimonio mi era sembrato un funerale. Rigido e formale. Non ci si poteva abbracciare né ballare, la sala era lugubre. Lei se la prese a morte. Il marito pure. Ci siamo ignorate per venti anni. Da due però siamo di nuovo amiche e di quell’episodio abbiamo riso molto. E da suo marito ha divorziato”. Anche Maria Gioia, 22 anni, ha pagato la sincerità “di cui non so fare a meno” con la sua compagna di banco: “Le dicevo che era lesbica ma lei negava e mi insolentiva. Smise di parlarmi. Dopo cinque anni l’ho rivista, felice e con una fidanzata. Emozionate ci siamo scambiate il numero di telefono ma non una parola sul passato”. Margherita, 35 anni, fotografa romana che vive ad Amsterdam, contraria “alle secchiate di acqua gelida in faccia” chiosa: “Le cose importanti che in un determinato momento non riesci a dire, prima o poi le dirai, quindi é meglio preparare il terreno evitando che in un momento di distrazione o peggio di ira vengano fuori. Solo sull’alito cattivo sono tassativa: lo dico alle amiche più intime e pretendo che mi si dica sempre. E chi altri può farlo senza farti arrossire?”.
In ogni tempo e in ogni luogo le donne si sono aiutate per adattarsi, superare o sopportare dure condizioni di vita. Le amicizie hanno alleviato solitudine, ingiustizia, rabbia e tensioni. Anche sposandosi, le ragazze mantengono di solito amicizie intime e complesse. Quando le donne restano vedove sono le relazioni con le altre che garantiscono una ripresa più rapida rispetto ai pari maschi. E sono questi “indizi significativo di vitalità e forza” come scrive Maria Tognetti Bordogna in I Grandi anziani (Franco Angeli). Secondo uno studio condotto dal Gindo Tampubolon, ordinario dell’Università “School of Social Sciences”, l’amicizia tra donne è profonda, si basa su aspetti morali ed è considerata un valore centrale della propria vita”. Il 47% delle donne sente quotidianamente la sua migliore amica (contro il 36% degli uomini) e il 33% per cento aggiunge pure le “seconde amiche”. Per certune è davvero troppo. Scrive la scrittrice Judith Warner sul suo blog Motherlode (sul New York Times) di sentirsi a disagio nel modello Sex and the City perché “stabilisce l’obbligo di attingere alla gioia universale dell’amicizia femminile”, sempre disponibili ad un check quotidiano su cosa mangi, leggi, guardi, compri, una sorta di confessionale laico. “Non ho mai avuto amiche simili, anzi non l’ho mai cercate…E sono infastidita dalle mitizzazioni dei modelli di come deve essere una buona amicizia tra donne. Ho due figlie e penso che sia opprimente l’idea quasi obbligatoria che una donna può realizzarsi solo se avrà amiche a tempo pieno”. Come fosse un lavoro. Da aggiungere ai tanti che già si hanno. Opinabile forse, ma pur sempre un’opinione.
Alessandra Di Pietro - http://alessandradipietro.it
[Pubblicato su Gioia, 02/12]