#checosastoleggendo

Heinrich Boll, Opinioni di un clown

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"Un artista ha la morte sempre con sé, come un bravo prete il suo breviario." @DeLempicka

Heinrich Boll Opinioni di un clown Mondadori pag. 232 euro 9,00

Era già buio quando arrivai a Bonn. Feci uno sforzo per non dare al mio arrivo quel ritmo di automaticità che si è venuto a creare in cinque anni di continuo viaggiare: scendere il marciapiede della stazione, salire il marciapiede della stazione, deporre la borsa da viaggio, levare il biglietto dalla tasca del soprabito, raccattare la valigia, consegnare il biglietto, dirigersi verso l'edicola dei giornali, comprare le edizioni della sera, uscire, far cenno a un taxi. Per cinque anni quasi ogni giorno sono partito da qualche luogo e sono arrivato in qualche luogo, la mattina ho salito e disceso scale di stazioni, il pomeriggio ho disceso e risalito scale di stazioni, ho chiamato taxi, ho cercato la moneta nella tasca della giacca per pagare la corsa, ho comprato giornali della sera alle edicole e, in un angolo riposto del mio io, ho gustato la scioltezza perfettamente studiata di questo automatismo. Da quando Maria mi ha lasciato per sposare Zupfner, quel cattolico, il ritmo è diventato ancora più meccanico, senza perdere in scioltezza. Per la distanza della stazione all'albergo, dall'albergo alla stazione, c'è un'unità di misura: il tassametro. A due marchi, tre marchi, quattro marchi e cinquanta dalla stazione. Da quando Maria non c'è più, qualche volta ho perso il ritmo, ho confuso l'albergo con la stazione, ho cercato nervosamente il biglietto ferroviario davanti al portiere dell'albergo, oppure ho chiesto all'impiegato che ritira i biglietti all'uscita della stazione il numero della mia camera. Qualcosa che non si può chiamare destino mi riportava alla mente il mio mestiere e la mia situazione. Sono un clown. Definizione ufficiale: attore comico, non pago le tasse per nessuna Chiesa, ho ventisette anni e uno dei miei numeri si chiama Arrivo e partenza: una (quasi troppo) lunga pantomima in cui lo spettatore confonde arrivo e partenza fino alla fine. Poiché questo numero generalmente lo ripasso un'ultima volta in treno (consiste di oltre seicento entrate e uscite di cui naturalmente devo ricordare la coreografia), non c'è da stupirsi che di tanto in tanto resti vittima della mia stessa fantasia: così mi precipito in un albergo, cerco con gli occhi gli orari delle partenze, riesco a trovarli, corro su e giù per una scala per non perdere il treno, mentre non devo fare altro che andare nella mia stanza e prepararmi alla rappresentazione.

Amélie Nothomb, Metafisica dei tubi

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Di come Dio si è fatto uomo. E tutto grazie al cioccolato bianco belga. @DeLempicka

Amélie Nothomb Metafisica dei tubi Guanda pag. 121 euro 11,00

Due anni e mezzo. Grida, rabbia, odio. Il mondo è inaccesibile alle mani e alla voce di Dio. Intorno a lui, le sbarre del lettino. Dio è prigioniero. Vorrebbe nuocere, ma non ci riesce. Perciò si vendica sul lenzuolo e sulla coperta che continua a martellare con calci incessanti. Sopra di lui, il soffitto con le sue fessure; li conosce a memoria. Sono i suoi unici interlocutori, e perciò grida loro tutto il suo disprezzo. Ovviamente, il soffitto se ne infischia. Dio ne è contrariato. All'improvviso il campo visivo viene occupato da un viso sconosciuto e non identificabile. Cos'è? E' un umano adulto e, si direbbe, dello stesso sesso di sua madre. Passata la sorpresa iniziale, Dio manifesta l'insoddisfazione con un lungo lamento. Il viso sorride. Dio sa cosa vuol dire: stanno cercando di ammansirlo. Non funziona. Mostra i denti. Il viso lascia cadere qualche parola dalla bocca. Al volo, Dio le prende a pugni. I suoi pugni, stretti, gliene danno di santa ragione a questi suoni, fino a metterli K.O. Dio sa che dopo il viso cercherà di tendere la mano verso di lui. Ci è abituato: gli adulti avvicinano sempre le loro dita alla sua faccia. ecide che morderà l'indice della sconosciuta. Si prepara. Appare infatti una mano nel suo campo visivo, ma - stupore! - ha una barretta biancastra tra le dita. Dio non ha mai visto una cosa del genere e si dimentica di gridare. - E' cioccolato bianco del Belgio, - dice la nonna al bimbo che ha appena scoperto. Di queste parole Dio capisce solo 'bianco': sa cos'è, l'ha visto sul latte e sui muri. Gli altri vocaboli gli sono sconosciuti: 'cioccolato' e soprattutto 'Belgio'. Intanto la barretta è accanto alla bocca. - Si mangia, - dice la voce. mangiare: Dio sa cos'è. E' una cosa che fa spesso. Mangiare è il biberon, il purè con pezzetti di carne, la banana schiacciata con la mela grattugiata e il succo d'arancia. Mangiare ha un odore. Questa barretta biancastra ha un odore che Dio non conosce. Ed è migliore del sapone e della pomata. Dio ne ha paura e voglia allo stesso tempo. Smorfia di disgusto e acquolina in bocca. Con un'impennata di coraggio acchiappa la novità coi denti, la mastica, ma non serve: si fonde sulla lingua, rappezza il palato, gli riempie la bocca - e accade il miracolo. La voluttà gli dà alla testa, gli lacera il cervello e vi fa rimbombare una voce che non aveva mai sentito prima: "Sono io! Sono io, vivo! Io parlo! Non sono né egli né lui, io sono io! Non dovrai più dire egli per parlare di te, dovrai dire io. E io sono il tuo migliore amico: io ti procuro il piacere." E' stato allora che sono nata, nel febbraio del 1970, all'età di due anni e mezzo, sulle montagne del Kansai, nel villaggio di Shakugawa, sotto gli occhi di mia nonna paterna, per grazia del cioccolato bianco.

Augusten Burroughs, Correndo con le forbici in mano

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"Cerca il ridicolo in tutto e lo troverai." @DeLempicka

Augusten Burroughs Correndo con le forbici in mano Bur, Rizzoli pag. 296 euro 8,50

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Quando avevo più o meno dieci anni, la mia tenuta da passeggio preferita era un blazer blu, camicia bianca e cravattino rosso a clip. Sentivo che mi faceva sembrare importante. Come un giovane re asceso al trono dopo la decapitazione di sua madre. Mi rifiutavo categoricamente di andare a scuola se non avevo i capelli perfetti, se la luce non li solcava come una superficie lucida e uniforme. Volevo che i miei capelli assomigliassero in tutto e per tutto a quelli dei manichini maschili nella vetrina di Ann August, il negozio dove si serviva mia madre. Bastava un solo capello fuori posto per far finire la spazzola contro lo specchio, come me che correvo in lacrime in camera mia. E se sui vestiti erano rimasti dei pelucchi che mia madre non era riuscita a togliere con il rullo adesivo, ecco che quella diventava un'ottima ragione per restare a casa, anche meglio di un'infezione da streptococco. A dire il vero, l'unico giorno dell'anno in cui mi piaceva davvero andare a scuola era quando ci facevano la foto ricordo. Adoravo quando il fotografo, prima di andarsene, consegnava a ognuno un pettinino regalo, un po' come nei quiz televisivi. Durante tutta la mia infanzia, mentre gli altri bambini si prendevano a botte, giocavano a baseball e si infangavano, io ero in camera mia che lucidavo i miei anelli dell'umore placcati d'oro - quelli che cambiano colore a seconda dello stato d'animo e che mi facevo comprare da mia madre da Kmart - e ascoltavo Barry Manilow, Tony Orlando&Dawn e, inspiegabilmente, Odetta. Preferivo gli "album" ai più moderni nastri stereo 8. Gli album li vendevano dentro a certe bustine che mi ricordavano tanto la biancheria pulita. Inoltre le foto di copertina erano più grandi, il che mi rendeva più semplice contare i follicoli di peluria lucida sul braccio di Tony Orlando. Sarei stato perfetto come componente della famiglia Brady. Avrei fatto la parte di Shaun, il biondino educato che non crea problemi e aiuta Alice in cucina e poi taglia anche le doppie punte ai capelli di Marcia. Non solo avrei lavato Tiger, ma gli avrei anche passato il balsamo sul pelo. E avrei messo in guardia Jan da quel braccialetto sfigato che aveva fatto perdere alle ragazze la gara dei castelli di carte.

Mary McCarthy, Gli uomini della sua vita

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"Prima di qualunque Sex&TheCity, Mary McCarthy ha saputo raccontare come dovrebbe vivere una donna libera." @DeLempicka

Mary McCarthy Gli uomini della sua vita Minimum Fax pag. 287 euro 15,00

La vita romantica era stata troppo dura per lei. In morale come in politica l'anarchia non è per i deboli. Il piccolo stato, torturato da dissidi interni, invita il conquistatore straniero. Le proscrizioni, la legge marziale, l'acquartieramento della soldataglia, l'esattore delle tasse, il giudice ingiusto, qualunque cosa, proprio qualunque cosa è più dolce della responsabilità. Il dittatore è anche il capro espiatorio; nell'assumere l'autorità assoluta si assume la colpa assoluta; e le masse oppresse, gemendo sotto il giogo, sanno di essere innocenti come agnelli, mentre pregano ipocritamente per la liberazione. Frederick immaginava che lei l'avesse sposato per un bisogno di sicurezza (questo era uno dei problemi fra loro due), ma quello che non capiva era che l'essere al sicuro dalla società dei telefoni o dal droghiere non era niente in confronto all'altra sicurezza che lui le dava, tenendola al riparo dall'essere perpetuamente dalla parte del torto, e che lei avrebbe mangiato pane e acqua, se necessario, pur di non uscire di prigione. Conoscere Dio eppure fare il male, questa era l'essenza stessa della vita romantica, una specie di processo elettrolitico in cui il catodo e l'anodo agiscono e reagiscono l'uno sull'altro per ionizzare l'anima. E, come dicevano tutti, la cosa non poteva andare avanti. Se non riesci a smettere di fare il male, devi cercare di dimenticare Dio. Se i tuoi occhi sono più grandi del tuo stomaco, cavatene assolutamente uno. Impara a misurare le tue capacità, non intraprendere mai più di quello che sei in grado di fare, così nessuno capirà che sei un fallimento, non lo saprai nemmeno tu. Se non riesci ad amare, smetti di provarci, perché in ogni tentativo rivelerai solo la tua povertà, e ogni letto in cui ti sarai coricata commemorerà una battaglia perduta. Chi tradisce è sempre in debito; nel migliore dei casi, può solo calcolare in rimorso il suo deficit d'amore, finché lo stesso rimorso diventa l'umile, vergognoso surrogato dell'amore.

#Checosastoleggendo summer edition: libri brevi, libri belli

Chi dice che leggere breve è sbagliato? Abbiamo borse pesantissime: tra la protezione solare e il latte nutriente per capelli non c'è spazio per l'ingombrante tomo di Anna Karenina. Quello possiamo sempre leggerlo a letto, no?Siccome RiccioCapriccio vi vuole bene, oggi vi propone un #checosastoleggendo diverso dal solito: cinque libri cinque, leggeri per il peso ma ricchi di contenuto. Hanno un massimo di 250 pagine, sono tascabili, perfetti da tirare fuori in ogni momento.

Nathanael West, Signorina Cuorinfranti, Minimum Fax.

Da quanto poteva vedere, nel parco non c'era alcun segno di primavera. Il marciume che ricopriva la superficie chiazzata del terreno non era del tipo che genera la vita. L'anno precedente, lo ricordava benissimo, neanche maggio era riuscito a vivificare questi prati sudici. C'era voluta tutta la brutalità di luglio per far uscire a forza qualche spuntone verde dalle zolle esauste.

Consigliato a chi fa le vacanze in città.

Amo stare da solo. Non ho mai trovato un compagno più intimo della solitudine. Molti di noi sono più soli in mezzo agli altri che quando se ne stanno nella loro stanza. Un uomo che pensa o lavora è sempre solo: lasciatelo dove sta. La solitudine non è misurata dalle miglia di distanza tra un uomo e il suo prossimo.

Consigliato a chi parte per la prima volta da solo o a chi ama la montagna.

Magda Szabo, La porta, Einaudi.

Sogno raramente. E se capita, mi risveglio di soprassalto in un bagno di sudore. In questi casi, poi, mi abbandono nel letto e medito sul potere magico e inesorabile delle notti aspettando che il cuore si calmi. Da bambina, o da ragazza, non facevo sogni, né belli né brutti, è la vecchiaia che mi trasporta senza sosta un orrore impastato di detriti del passato.

Consigliato a chi parte per l'Ungheria.

Joan Didion, Prendila così, Il Saggiatore.

I fatti sono questi. ora me ne sto distesa al sole e faccio un solitario e ascolto il mare e guardo un colibrì. Mi sforzo di vivere nel presente e di tenere lo shuardo fisso al colibrì. Non vedo nessuno di quelli che conoscevo un tempo, ma del resto me ne importa pochissimo di parecchie persone. Voglio dire, forse avevo tutti gli assi nella manica, ma a che gioco giocavo?

Consigliato a chi va in spiaggia e si sente una diva d'altri tempi.

Paco Roca, Rughe, Tunuè.

Proprio perché siamo vecchi, non abbiamo niente da perdere. Nemmeno andando in prigione.

Consigliato a chi ama le graphic novel piene di significato.

Reading is sexy. Buone vacanze!

Dino Buzzati, Il deserto dei tartari

#checosastoleggendo

"Nel sogno non ci si libera mai della vaga sensazione ch'è tutto falso, che un bel momento ci si dovrà svegliare." @DeLempicka

Dino Buzzati Il deserto dei tartari Oscar Mondadori pag. 233 euro 9,50

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Seduto in salotto, mentre tentava di rispondere alle tante domande, sentiva mutarsi la felicità in tristezza svogliata. La casa gli pareva vuota in confronto ad un tempo, dei fratelli uno era andato all'estero, un altro era in viaggio chissà dove, il terzo in campagna. Soltanto la mamma restava e anche lei dopo un po' dovette uscire per una funzione in chiesa dove l'attendeva un'amica. La sua camera era rimasta identica, così come l'aveva lasciata, non un libro era stato mosso, pure, gli parve di un altro. Si sedette sulla poltrona, ascoltò il rumore dei carri nella via, l'intermittente vocio che veniva dalla cucina. Solo se ne stava nella sua stanza, la mamma pregava in chiesa, i fratelli erano lontani, tutto il mondo viveva dunque senza bisogno di Giovanni Drogo. Aprì una finestra, vide le case grigie, i tetti dopo i tetti, il cielo caliginoso. Cercò in un cassetto i vecchi quaderni di scuola, un diario che aveva tenuto per anni, certe lettere; si stupì di aver scritto lui quelle cose, non se ne ricordava proprio, tutto si riferiva a strani fatti dimenticati. Si sedette al piano, tentò un accordo, riabbassò il coperchio della tastiera. E adesso? si domandava. Straniero, girò per la città, in cerca di vecchi amici, li seppe occupatissimi negli affari, in grandi imprese, nella carriera politica. Gli parlarono di cose serie e importanti, stabilimenti, strade ferrate, ospedali. Qualcuno lo invitò a pranzo, qualcuno si era sposato, tutti avevano preso vie diverse e in quattro anni si erano già fatti lontani. Per quanto tentasse (ma anche lui forse non ne era più capace) non riusciva a far rinascere i discorsi di un tempo, gli scherzi, i modi di dire. Girava la città in cerca dei vecchi amici - ed erano stati molti - ma finiva per ritrovarsi solo su un marciapiedi, con tante ore vuote davanti prima di far venire la sera. Di notte stava fuori di casa fino a tardi, determinato a divertirsi. Ogni volta usciva con le solite vaghe speranze giovanili di amore, ogni volta ritornava deluso. Riprese a odiare la via che lo riconduceva a casa solitario, sempre uguale e deserta.

David Foster Wallace, La ragazza dai capelli strani

#checosastoleggendo

David Foster Wallace è Dio. @DeLempicka

David Foster Wallace La ragazza dai capelli strani Minimum Fax pag. 300 euro 12,50

E' il 1986. Il cielo notturno della California è illuminato e silenzioso come un palazzo nobiliare deserto. Piccole paillettes bianche disegnano lente linee sulle strade in lontananza sotto l'appartamento caldo di Faye. Faye Goddard e Julie Smith sono stese sul letto di Faye. Si mettono una sopra l'altra a turno. Fanno sesso. Le grida di Faye tintinnano come monete contro le pareti di vetro del suo attico. Faye e Julie si rinfrescano a vicenda con degli asciugamani bagnati. Nude, si mettono in piedi davanti a una parete di vetro e guardano Los Angeles. Piccoli pezzi di Los Angeles si accendono e si spengono per un istante, ogni volta che una luce ostacola un'altra luce. Julie e Faye sono a letto, da amanti. Si scambiano complimenti sui loro corpi. Si lamentano della brevità della notte. Esaminano e riesaminano, con una sorta di entusiasmo infelice, le piccole ignoranze che necessariamente, dice Julie, delimitano la strada che porta a un qualunque vero legame fra due persone. Faye dice che Julie le piaceva già da molto prima che sapesse di piacerle. Vanno insieme a prendere l'Oxford English Dictionary per esaminare la voce "piacere". Si abbracciano. Julie è molto bianca, ha i capelli corti e spinosi. Di notte, attraverso i vetri, l'oscurità della stanza è punteggiata di piccoli pezzi di Los Angeles. Il buio scende pian piano intorno a loro e le avvolge come un guanto da giardinaggio. E' incredibilmente romantico.

W. Somerset Maugham, Storie ciniche

#checosastoleggendo

Il cinismo come mezzo per raggiungere i nostri scopi. Maugham ne sa. @DeLempicka

W. Somerset Maugham Storie ciniche Adelphi pag. 221 euro 12,00

Le nozze si celebrarono all'ufficio di stato civile. Mrs Tower e io fummo i testimoni. Gilbert, con un elegantissimo completo blu, aveva l'aria assurdamente giovane e palesemente nervosa. Ma è un momento delicato per qualsiasi uomo. Jane invece mantenne la sua ammirevole compostezza; si sarebbe detto che si sposasse con la frequenza di una dama del grand monde. Solo un leggero colorito sulle guance suggeriva che sotto la calma vibrasse una una lieve eccitazione. Ma è un momento elettrizzante per qualsiasi donna. Indossava un abito di velluto grigio-argento nel cui taglio riconobbi la mano del sarto di Liverpool (evidentemente era una vedova che sapeva farsi valere), ma aveva ceduto alla festosità del momento concedendosi un ampio cappello a tesa larga, decorato da piume di struzzo azzurre. Gli occhiali dalla montatura d'oro rendevano il tutto oltremodo grottesco. Quando la cerimonia ebbe fine, l'ufficiale di stato civile (un po' sconcertato, mi parve, dalla differenza di età della coppia) strinse la mano a Jane e si congratulò in maniera prettamente formale; lo sposo, arrossendo un poco, baciò la sposa. E la baciò anche la rassegnata ma implacabile Mrs Towers; quindi Jane si voltò verso di me: era evidentemente appropriato che la baciassi a mia volta, e così feci. Confesso che all'uscita sentii un lieve imbarazzo sotto lo sguardo dei perdigiorno che stanno cinicamente a guardare le coppie di sposi, e fu con grande sollievo che salii sulla vettura di Mrs Towers. Ci recammo a Victoria Station, poiché la felice coppietta sarebbe partita per Parigi con il treno delle due, e Jane aveva insistito perché il banchetto nuziale si tenesse al ristorante della stazione. Diceva che la innervosiva non essere al binario per tempo. Mrs Towers, che partecipava solo per uno spiccato senso del dovere familiare, fece ben poco per garantire la riuscita del ricevimento; non toccò cibo (e non la posso biasimare, poiché era pessimo; ad ogni modo non sopporto lo champagne a pranzo) e la sua conversazione fu molto forzata. Jane invece fece onore all'intero menù con diligenza. "Sono dell'opinione che prima di mettersi in viaggio sia meglio mangiare come si deve" disse. Li accompagnammo al treno, poi tornai a casa con Mrs Towers. "Quanto tempo gli dai?" mi domandò. "Sei mesi?". "Speriamo che vada tutto per il meglio." risposi. "Non essere ridicolo. Non esiste nessun meglio. Non penserai mica che la sposi per qualche ragione che non siano i suoi soldi? E' ovvio che non può durare. Spero solo che si ritrovi a soffrire meno di quanto meriterebbe."

Francesca Marciano, Isola grande isola piccola

#checosastoleggendo

"La sua nuova vita la stava aspettando dietro l'angolo. Bastava solo saltarci dentro. Non c'era nulla da temere". @DeLempicka

Francesca Marciano Isola grande isola piccola Bompiani pag. 325 euro 18,00

Le rondini continuano a sfrecciare sotto il tetto. Sembrano impegnate in una specie di nascondino, o forse in un rito di accoppiamento perché non paiono stancarsi. Non sono abituata a vedere uccelli saettare dentro gli aereoporti. Diciamo pure che è un'esagerazione chiamare aereoporto un tetto di paglia retto da quattro colonne di cemento, e il pensiero dell'aereo sul quale stiamo per imbarcarci mi fa venire l'ansia. Se queste sono le dimensioni dell'aereoporto dell'Isola Grande e stiamo andando all'Isola Piccola, che razza di aereo potrà mai essere quello che ci porta fin lì? Osservo gli altri passeggeri. Non saremo più di dieci e anche questo mi preoccupa. Vedo grossi uomini nei loro kanzu bianchi (sto già usando la lingua locale grazie al libretto Teach Yourself swahili che ho comprato a Dar es Salaam) e la kofia, che ho appena appreso essere il loro copricapo ricamato a piccoli punti. A giudicare dalle dimensioni delle loro pance e degli orologi d'oro si direbbero piuttosto benestanti. Un paio di loro hanno accanto le mogli, creature minute, avvolte in una mantella nera che qui si chiama bui-bui. Gli uomini parlano ad alta voce, soprattutto tra loro o dentro dei vecchi Nokia - solo pochi hanno uno smartphone - mentre le donne non battono ciglio. Sono immobili come statue di sale circondate da grandi fagotti e scatoloni. Intravedo ceste piene di manghi, cartoni che contengono elettrodomestici, un ventilatore elettrico, un bollitore, un lettore dvd. Devono aver fatto shopping nel continente. Sull'Isola Grande non ho visto posti dove comprare articoli come bollitori e ventilatori. Solo pochi negozi di souvenir e un supermercato semivuoto. Una voce crepitante che arriva dall'altoparlante annuncia qualcosa in swahili, e l'uomo accanto a me scuote il capo con sdegno.

Marco Missiroli, Atti osceni in luogo privato

#checosastoleggendo

"Non ero più vulnerabile per me stesso, ero fragile per noi". @DeLempicka

Marco Missiroli Atti osceni in luogo privato Narratori Feltrinelli pag. 249 euro 16,00

Ci sedemmo a tavola. Qui cominciò l'intesa tra mamma e Lunette Lorraine, che non dipese da quanto la mia fidanzata amò i cappelletti alla scorza di limone o dal fatto che si trovarono d'accordo sul riverbero femminista e sulla possibilità di convivenza tra educazione religiosa e progressismo, nemmeno dal maquillage che Madame Marsell fece a Lunette e che fu straordinario. Il legame tra le donne della mia vita andò oltre anche alla passione comune per le sculture cubiste e all'abitudine di visitare il Centre Pompidou nelle aperture serali. La scintilla nacque per la gentilezza che accadde a metà cena, quando la pirofila aveva rischiato di marchiare a fuoco le dita di mia madre. Madame Marsell la stava portando dalla cucina al tavolo: si era fermata a soffrire a metà strada, Lunette si era alzata di scatto e gliela aveva presa senza pensare al calore. L'aveva appoggiata in tavola, e mentre si soffiava sulle dita aveva detto: Anche la mia mamma è piena di cicatrici. Prima di andarcene Madame Marsell mostrò casa alla sua ospite. La libreria occupò metà della visita, Lunette era stupefatta dalla varietà delle edizioni. Mamma le regalò La vie aigre di Luciano Bianciardi. Poi l'accompagnò in camera mia e prima di andare con Emmanuel in cucina la invitò a soffermarsi nel rifugio della mia adolescenza. Lunette curiosò, capì dai pochi libri che ero stato un lettore tardivo attraversato dalla febbre per gli indiani. Si imbatté nel quaderno di Lupin, lo lisciò piano, e rimise in equilibrio i dinosauri che franavano a terra da sempre, pizzicò la mia vecchia sciarpa a righe blue e bianche. Aveva questo modo di sfiorare le cose, si posava su un fermacarte e su una penna, restava sovrappensiero per introiettare ognuna di quelle materie. Rimasi alle sue spalle, lei fissava la fotografia della mia tartaruga Robespierre, le accarezzai la nuca. Si voltò e mi abbracciò. Ci tenemmo lì e per la prima volta avvertii la paura che le succedesse qualcosa, e che la mia felicità fosse la sua, e anche i dolori e le apprensioni e le possibilità di qualcosa di buono. Non ero più vulnerabile per me stesso, ero fragile per noi.

Emmanuel Carrère, Vite che non sono la mia

#checosastoleggendo

Vite che sono la mia, la tua, la nostra. @DeLempicka

Emmanuel Carrère Vite che non sono la mia Einaudi Super ET pag. 236 euro 11,00

Niente mi pareva più prezioso di questa sicurezza, la certezza di potersi abbandonare fino all'ultimo istante tra le braccia di qualcuno che ci ama senza riserve. Hélène mi ha riferito quello che Juliette aveva detto alla loro sorella Cécile il giorno precedente, prima del nostro arrivo, quando era ancora in grado di parlare. Diceva che era contenta, che la sua piccola vita tranquilla era stata una vita riuscita. Sulle prime ho pensato che fosse una frase di conforto, poi che fosse sincera, infine che fosse vera. Ho pensato alla famosa frase di Fitzgerald: "Naturalmente ogni vita è un processo di demolizione", e quella no, non pensavo fosse vera. Non ogni vita, perlomeno. Forse quella di Fitzgerald. Forse la mia - al tempo lo temevo più di oggi. E poi non sappiamo che cosa succede all'ultimo momento, di sicuro esistono vite la cui apparente disfatta è ingannevole, perché si sono ribaltate in extremis o perché ci è sfuggito qualcosa d'invisibile. Di sicuro esistono vite apparentemente riuscite che invece sono un inferno e forse, per quanto sia orribile pensarlo, lo saranno fino alla fine. Ma quando Juliette giudicava la propria le credevo, e quello che mi spingeva a crederle era l'immagine di quel letto di morte sul quale Patrice la teneva tra le braccia. Ho detto a Hélène: sai, è successa una cosa. Ancora qualche mese fa, se avessi scoperto di avere un cancro, e che presto sarei morto, e mi fossi fatto la stessa domanda di Juliette: la mia è una vita riuscita? non avrei saputo rispondere come lei.

#Checosastoleggendo Special Edition: la presentazione di Salone per Signora

Sapete quanto noi di RiccioCapriccio amiamo la lettura: abbiamo deciso di tenere in salone, accanto ai prodotti per capelli scelti con cura, una piccola biblioteca nella quale ogni cliente può trovare il libro giusto per accompagnare il tempo di posa di un colore, per rilassarsi, per arricchire ancora di più un momento dedicato a se stessi.Per questo siamo stati molto felici di ospitare, ieri sera, Erica Barbiani e il suo Salone per signora edito da Elliot, di cui abbiamo già parlato qui. Abbiamo scoperto tutto quello che si nasconde dietro la produzione di un libro, che scrivere al buio e con le gambe in alto favorisce la concentrazione e la creatività, che le scrittrici non sono esseri soprannaturali ma donne che sanno osservare la realtà con occhio critico e ironico e che sanno cogliere particolari che sfuggono ai più. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato, alla nostra Alessandra Di Pietro, alla disponibilità delle ragazze della casa editrice (ancora una volta, girl power!) e al nostro staff sempre attento e disponibile. Ce ne saranno ancora: seguite la nostra pagina facebook ufficiale per restare sempre aggiornati.

Leggete, leggete!

Romina Paula, Agosto

#checosastoleggendo

Un viaggio in cui nulla inizia e nulla finisce, dove tutto viene rimesso in discussione, un romanzo che è la vita stessa. @DeLempicka

Romina Paula Agosto La Nuova Frontiera pag. 156 euro 15,00

Vogliono disperdere le tue ceneri, una cosa del genere; vogliono disperderti. Me lo ha detto ieri tuo padre quando ci siamo incontrati, mi ha raccontato il fatto dei cinque anni. In realtà già lo sapevo, ma forse non avevo realizzato che era scaduto il termine di legge. Bevevamo vino bianco, chissà perché, forse per lo stupore. Non mi piace neanche il vino bianco. Siamo andati in un bar con i faretti dicroici e le pareti gialle, perché sì, era vicino e aveva il riscaldamento acceso. Non abbiamo mangiato niente, era troppo presto per la cena, e troppo tardi per la merenda. E poi ci eravamo già decisi per il vino. Bianco. Quindi immaginati che botta. Il vino, le ceneri, le due cose insieme. Jorge mi dice che ora si può esumare il corpo, il tuo, che ormai possiamo esumarti, cioè, possiamo disporre di te. Visto che è scaduto il termine legale per l'esumazione ti possono tirare fuori da quella tomba anonima e disporre, disporre del tuo corpo. Mi dice che ti vogliono tirare fuori da lì per disperderti altrove, pare che ti vogliano disperdere da qualche parte, o seppellirti, non so, non ho capito molto bene, credo che neanche loro abbiano le idee molto chiare su cosa fare. Ci teneva a raccontarmelo di persona, a invitarmi a casa tua, per le spese del viaggio non c'è problema, non mi devo preoccupare se non ce la faccio, loro vogliono a tutti i costi che io sia lì, è importante che ci sia. Voleva coinvolgermi, comunicarmi la decisione, sapere cosa ne pensassi. Cinque anni, porca puttana, non ci posso credere, sono già passati cinque anni. Certo che sì, certo che ho qualcosa da dire, ho molto da dire, un sacco di anni senza quasi parlarne, solo qualche parola con le stesse - poche - persone, certo che ho qualcosa da dire.

Bio Romina Paula è nata a Buenos Aires nel 1979. Attrice, drammaturga e regista teatrale. Nel 2009 pubblica Agosto, il suo secondo romanzo che conferma la sua come una delle voci più interessanti della letteratura argentina contemporanea.

Magda Szabò, La porta

#checosastoleggendo

Due donne diverse, due destini che si incrociano. Un romanzo imperdibile. @DeLempicka

Magda Szabò La porta Einaudi pag. 259 euro 11,50

Sogno raramente. E se capita, mi risveglio di soprassalto in un bagno di sudore. In questi casi, poi, mi abbandono nel letto e medito sul potere magico e inesorabile delle notti aspettando che il cuore si calmi. Da bambina, o da ragazza, non, non facevo sogni, né belli né brutti, è la vecchiaia che mi trasporta senza sosta con orrore impastato di detriti del passato, che mi travolge con la sua massa via via sempre più compatta, sempre più opprimente, un orrore più tragico di ogni esperienza reale perché le cose che vedo nell'incubo non le ho mai vissute sul serio. E mi risveglio urlando. I miei sogni sono assolutamente uguali, tessuti di visioni ricorrenti. Sogno sempre la stessa cosa, sono in piedi, in fondo alle nostre scale, nell'androne, mi trovo sul lato interno del portone con il telaio di acciaio, il vetro infrangibile rinforzato di tessuto metallico, e cerco di aprirlo. Fuori, in strada, si è fermata un'ambulanza, attraverso il vetro intravedo le silhoutte iridescenti degli infermieri, hanno volti gonfi, innaturalmente grandi, contornati da un alone come la luna. La chiave gira nella serratura, ma i miei sforzi sono vani, non riesco ad aprire il portone, eppure so che devo far entrare gli infermieri altrimenti arriveranno troppo tardi dal mio malato. La serratura è bloccata, la porta non si muove, come se fosse saldata al telaio d'acciaio. Grido, invoco aiuto, ma nessuno degli inquilini che abitano sui tre piani della casa mi ascolta, non possono farlo perché - me ne rendo conto - boccheggio a vuoto come un pesce, e quando capisco che non solo non riesco ad aprire il portone ai soccorritori, ma sono anche diventata muta, il terrore del sogno raggiunge il culmine.

Bio Magda Szabò (1917- 2007), autrice di numerosi romanzi, drammi e raccolte di poesie. Tra questi: La ballata di Iza, Via Katalin, L'altra Eszter e Il vecchio pazzo.

Richard Yates, Disturbo della quiete pubblica

C'è un John Wilder in ognuno di noi. Della pazzia e altre storie. @DeLempicka

Richard Yates Disturbo della quiete pubblica Edizioni Beat pag. 248 euro 9,00

Per Janice Wilder le cose cominciarono ad andare storte nella tarda estate del 1960. E il peggio, come non fece che ripetere in seguito, il lato più orribile della faccenda è che tutto parve capitare senza il minimo segno premonitore. Aveva trentaquattro anni e un figlio di dieci. Non la seccava il fatto che la sua gioventù stesse svanendo – non era stata comunque una gioventù avventurosa, né priva di preoccupazioni – e, se il matrimonio era stato per lei più un modo per sistemarsi che una storia d’amore, anche questo le stava bene così. Nessuno ha una vita perfetta. Le piaceva lo svolgersi ordinato delle sue giornate, le piacevano i libri, che possedeva in gran quantità, e le piaceva anche il suo appartamento alto e luminoso, con vista sui grattacieli di Manhattan. Non era certo lussuoso o elegante, ma era un appartamento comodo; e comodo era una delle parole preferite da Janice Wilder. Le piaceva anche la parola civile, e ragionevole e sistemazione e rapporto. Erano poche le cose che la sconvolgevano o la spaventavano; le uniche a riuscirci, al punto di farle gelare il sangue, erano le cose che non capiva. «Non capisco» disse al marito per telefono. «Come sarebbe a dire, che “non puoi” tornare a casa?» E lanciò un’occhiata imbarazzata al figlio che mangiava una mela seduto sul tappeto, tutto preso dal notiziario serale della CBS.

Bio Richard Yates (1926- 1992) è stato autore di sette romanzi e due raccolte di racconti. Fra le sue opere: Revolutionary Road, Undici solitudini, Easter Parade, Bugiardi e innamorati, Proprietà privata.

Domenico Starnone, Lacci

#checosastoleggendo

Che cosa lasciamo quando lasciamo qualcuno? @DeLempicka

Domenico Starnone Lacci Einaudi Supercoralli pag. 138 euro 17,50

Mi fai l'esempio della scalinata. Hai presente - dici - quando si fanno le scale? I piedi vanno l'uno dietro l'altro così come abbiamo imparato da bambini. Ma la gioia dei primi passi s'è persa. Ci siamo modellati, crescendo, sull'andatura dei nostri genitori, dei nostri fratelli maggiori, delle persone a cui siamo legati. Le gambe ora vanno su in base ad abitudini acquisite. E la tensione, l'emozione, la felicità del passo sono andate perdute come anche la singolarità dell'andatura. Ci muoviamo credendo che il movimento delle gambe sia nostro, ma non è così, con noi fa quei gradini una piccola folla cui ci siamo adeguati, la sicurezza delle gambe è solo il risultato del nostro conformismo. O si cambia passo - concludi - ritrovando la gioia degli inizi o ci si condanna alla normalità più grigia. Ho riassunto bene? Ora ti posso dire la mia opinione? E' una metafora stupida, sai fare di meglio, e tuttavia te la do per buona. Al solito modo figurato hai voluto farmi sapere che una volta siamo stati felici ma che in seguito quella felicità si è piegata a riti che, se da un lato hanno permesso ai giorni, ai mesi e agli anni di scorrere senza troppi problemi, dall'altro hanno soffocato sia noi che i bambini. Benissimo. Ora però mi devi spiegare cosa ne viene di conseguenza. Vuoi dire che se fosse possibile torneresti volentieri a quindici anni fa, ma poiché regredire non si può e d'altra parte il desiderio del piacere degli inizi è forte, non ti resta che ricominciare con Lidia? Vuoi dire questo? Se è così ti do una notizia. Anche io da qualche tempo sento che la mia gioia di una volta si è indebolita. Anche io da qualche tempo penso che siamo cambiati, che il nostro cambiamento faccia male a noi, a Sandro e ad Anna, che il rischio sia una convivenza tormentosa per noi e per i bambini. Anche io da qualche tempo temo che, se ci riduciamo a vivacchiare insieme e a crescere i figli, agiamo contro di noi e contro di loro, e allora è meglio che ti lasci. Ma io, io, a differenza di te non credo che le chiavi del paradiso terrestre siano andate perdute per colpa tua e che perciò mi convenga attaccarmi a un altro meno sbadato. Io non vi sopprimo, io non nego, pur di liberare me stessa, la vostra esistenza.

Bio Domenico Starnone (Napoli, 1943) ha fatto a lungo l'insegnante, è stato redattore delle pagine culturali del "Il Manifesto". Per Einaudi ha pubblicato Spavento (2009) e Autobiografia erotica di Aristide Gambia (2011).

Nadia Terranova, Gli anni al contrario

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"In passato non ho avuto la tua debolezza ma ora vorrei il tuo coraggio".

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Nadia Terranova Gli anni al contrario Einaudi Stile Libero Big pag. 152 euro 16,00

Aurora e Giovanni avevano deciso che si sarebbe chiamata Mara. Come la ragazza di Bube, aveva detto Aurora. Come Margherita Cagol, aveva aggiunto Giovanni. Margherita, detta Mara, la moglie di Renato Curcio, morta pochi anni prima. La bambina nacque con enormi pupille nere e fissò tutti con aria interrogativa. L'avvocato e il fascistissimo convennero su un punto: uno in tribunale e l'altro in carcere avevano incontrato mafiosi e assassini, eppure nessuno li aveva spaventati allo stesso modo. - Lo sguardo di questa picciridda mi inquieta più di quello dei delinquenti, almeno loro non parlano! Certo, meno di quello del mio professore di matematica quando mi doveva interrogare, - aggiunse l'avvocato soddisfatto, e tutti attorno risero. Giovanni arrivò molte ore dopo. Il fascistissimo lo accolse con gli occhi ancora lucidi e una bottiglia di champagne.

Bio Nadia Terranova (1978) è nata a Messina e vive a Roma. Tra i suoi libri, Bruno. Il bambino che imparò a volare (Orecchio Acerbo 2012, illustrazioni di Ofra Amit) che ha vinto il Premio Napoli e il Premio Laura Orvieto ed è stato tradotto in Spagna. Collabora con «IL Magazine» e «pagina99». Gli anni al contrario è il suo primo romanzo.

Giusi Marchetta, Dai un bacio a chi vuoi tu

#checosastoleggendo

Una raccolta di racconti ambientati a Sud che scalda il cuore.

@DeLempicka

Giusi Marchetta Dai un bacio a chi vuoi tu Terre di Mezzo Editore pag. 207 euro 12,00

Non chiedo molto: voglio solo essere qualcun altro. Voglio fare falsi complimenti alle ragazze, voglio farmene almeno una a settimana, voglio farmi centinaia di seghe su bambolone in bikini. Voglio che mi si rizzi quando vedo passare un ragazzo moro con due spalle così. Voglio immaginarmi con lui in qualche cesso pubblico o a casa sua, dopo che ci siamo fatti una canna. Voglio una cosa normale, pulita. Ora come ora mi accontenterei di essere l'ultimo stronzo sulla faccia della terra. L'ultimo stronzo normale sulla faccia della terra. Faccio le scale una alla volta fino al piano terra. Esco, ho detto, e mi sono chiuso la porta alle spalle. All'inizio ho avuto paura, ora no. Ora sto bene. Sono calmo, sono tranquillo. Ecco, mi metto a sedere. Le scale sono fresche e non passa mai nessuno a quest'ora. E' tipico di Walter incasinare sempre tutto: non gliene si può fare una colpa.

Bio Giusi Marchetta (1982) è casertana ma vive a Torino. Finalista al Premio Campiello Giovani e al Premio Loria, nel 2007 ha vinto il Premio Calvino con Dai un bacio a chi vuoi tu, pubblicato da Terre di Mezzo Editore. A due racconti del libro sono ispirati i film brevi Corti, con Leo Gullotta, e Svanire, entrambi per la regia di Angelo Cretella.

Alessandra Racca, Poesie Antirughe

#checosastoleggendo

Sorridere è ridere senza far rumore, un esercizio del viso e dello spirito.

@DeLempicka

Alessandra Racca Poesie antirughe Neo Edizioni pag. 129 euro 10,00

Colei che guarda il mondo dal basso

Quella mattina/ la mia vagina, appena si sveglia, dice/ che da oggi si chiama Ironia./ Le dico che mi pare un po' pretenzioso./ Lei si offende e mi dice/ di piantarla di svilire sempre/ quello che mi appartiene./ Allora, dice, se preferisci, mi chiamo:/ "*******************"/ e dice un nome assurdo, incomprensibile,/ e le chiedo/ che nome sarebbe?/ Lei dice: è un nome indiano,/ Siouux,/ e dice che significa "colei che guarda il mondo dal basso"./ Ed io faccio per parlare/ e lei dice/ che anche "alzata con pugno"/ le piacerebbe molto/ ma che ci sarebbero problemi di copyright/ e poi dice che tutto sommato/ è un nome che richiama violenza/ qualche idiota, dice/ potrebbe sentirsi incoraggiato,/ 'che qualche idiota che si sente incoraggiato c'è sempre, dice./ Le do ragione./ Queste sono cose che lei sa./ Sta zitta un po', poi dice:/ Sai, a volte penso che a te,/ farebbe bene/ per un po'/ avere una vagina più sul frivolo/ e spara il nome di Chantal./ Così è stato./ Per un po' si è chiamata Chantal./ Ora dice che si chiama Ruby,/ come monito dice,/ ma non vuole aggiungere altro/ sull'argomento, dice./ E anche questa volta, credo,/ sono d'accordo con lei.

Bio Alessandra Racca, torinese, conosciuta sul palco e sul web come "La Signora dei Calzini". Appassionata di poesia performativa, è organizzatrice, presentatrice e concorrente di numerosi poetry slam; dal 2008 porta i suoi reading in giro per l'Italia. Le sue poesie sono state pubblicate in rete, in antologie collettive (Bastarde senza gloria, 2013, Sartoria Utopia), nelle raccolte Nostra Signora dei Calzini (2008, ed. Seed) e Poesie Antirughe (2011, Neo Edizioni). Il suo blog è www.signoradeicalzini.it

Nora Ephron, Il collo mi fa impazzire - Tormenti e beatitudini dell'essere donna

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Essere donne è bellissimo. Tranne che per il collo.

@DeLempicka

Nora Ephron Il collo mi fa impazzire, tormenti e beatitudini dell'essere donna Feltrinelli pag. 129 euro 8,00

Comunque, questo è il punto: c'è una ragione per cui i quaranta, i cinquanta e i sessanta non hanno più l'aspetto di una volta, e non è per via del femminismo, o di una vita migliore grazie all'esercizio fisico. E' per via della tinta. Negli anni cinquanta, solo il sette per cento delle donne americane si tingeva i capelli; oggi ci sono zone di Manhattan e Los Angeles in cui non esistono donne coi capelli grigi. (Una volta, qualche anno fa, andai a Le Cirque, un famoso ristorante di New York, a un pranzo in onore di una certa Jean Harris, appena uscita di prigione dopo aver scontato una condanna di dodici anni, per aver ucciso il suo amante dietologo, ed era l'unica donna coi capelli grigi in tutto il ristorante.) La tinta per capelli ha cambiato tutto, ma non le viene mai riconosciuto alcun merito. E' l'arma più potente che le donne di una certa età hanno per combattere la cultura della giovinezza, e poiché riesce sul serio a fermare l'orologio (per lo meno per quel che riguarda i capelli), rende le donne più aperte a procedimenti più drastici (come il lifting facciale). Posso dimostrare che la tinta è, almeno parzialmente, responsabile del considerevole numero di donne che entrano (e riescono a rimanere) nel mercato del lavoro nella mezza età e nella tarda mezza età, ma anche di svariati trend della moda. Per esempio è una delle ragioni per cui le donne non portano più il cappello, ed è la ragione principale per cui tutte le donne che conosco hanno un armadio pieno di abiti neri. Provate a pensarci. Cinquant'anni fa, le donne di una certa età non si vestivano quasi mai di nero. Il nero era per le vedove, e più precisamente per le vedove di guerra italiane, e persino Gloria Steinem ammetterebbe che la tipica vedova di guerra italiana ti faceva pensare che i sessanta fossero i nuovi settantacinque. Se hai i capelli grigi il nero ti fa sembrare non solo più vecchia, ma anche più triste. Ma il nero sta divinamente alle donne mature coi capelli scuri - tanto che anche le donne più giovani coi capelli scuri adesso lo portano. E anche le bionde. Tutte le donne di L.A. portano il nero. Quasi tutte vestono di nero - a eccezione delle conduttrici del tg, le senatrici degli Stati Uniti, e le residenti del Texas, e devo dire che mi spiace per loro. Insomma, il nero ti semplifica talmente la vita! Tutto va d'accordo col nero, soprattutto il nero.

Bio (New York, 1941-2012) Scrittrice, attrice e regista, è nota soprattutto come sceneggiatrice e ha avuto tre nomination agli Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Ha scritto tra l'altro le sceneggiature di Silkwood, Affari di cuore, Harry ti presento Sally.