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Vanna Vinci, Frida, operetta amorale a fumetti.

Se amate Frida Kahlo senza alcuna riserva, Frida, operetta amorale a fumetti di Vanna Vinci, è quello che fa per voi. E’ una sorta di autobiografia e racconta la sua vita attraverso il dialogo con la Morte che, seppure un’entità non fisica, è la persona che l’ha accompagnata lungo tutto il suo cammino.

Un’esistenza ricchissima, fatta di passioni e amori brucianti, di grande talento espresso anche in condizioni di assoluta difficoltà, di vicissitudini mediche strazianti, di tentativi di suicidio alternati a una grandissima gioia di vivere, di animali, della casa Azul, di Diego Rivera, mostro d’amore ma grande sostenitore della sua arte.


"Ero solita pensare di essere la persona più strana del mondo, ma poi ho pensato che ci sono così tante persone nel mondo, ce ne deve essere qualcuna proprio come me, che si sente bizzarra e difettosa nello stesso modo in cui mi sento io. Vorrei immaginarla, e immaginare che lei debba essere là fuori e che anche lei stia pensando a me. Beh, spero che tu sappia, se sei lì fuori e stai leggendo questo, che sì, è vero, sono qui e sono strana proprio come te”.

Vanna Vinci, Frida, operetta amorale a fumetti, 24 ore Cultura

Paolo Di Paolo, Una storia quasi solo d'amore

Leggere Una storia quasi solo d'amore è come ritrovare sepolto in soffitta un ricordo lontanissimo, tenuto nascosto da lenzuola impolverate e cianfrusaglie, messo lì un po' per proteggerlo, un po' per sperare di dimenticarsene per sempre perché troppo doloroso da riportare alla mente. In poche parole: l'amore, ma da giovani. Quando è veramente quasi solo amore. 

"Così, soddisfatto e fiero, ha pranzato di gusto, ha brindato, con un'allegria fuori misura, che - più spesso del previsto - agganciava il pensiero di lei. Nel torpore della digestione, mentre Canale 5 mandava in onda 12 volte Natale e tutto quello zucchero newyorkese stranamente non lo disturbava, né lo aiutava a tenere gli occhi aperti, ecco, al quarto o quinto Natale di loro due (aveva perso il conto), quando Jack dice a Kate ehi, aspetta, ti va di prendere un caffè?, e sono avvolti in uno scintillio irreale, si è deciso a scriverle. Il pensiero è stato corto, ha digitato una frase tipo: i campanelli, alla fine, li ho sentiti. Ha aggiunto una faccetta sorridente, si è messo ad aspettare. Senza ansia: concludendo, all'improvviso, che sì, sì, era stato proprio un bel Natale. Mentre il film finiva, Nino si è addormentato e il sonno l'ha traghettato oltre l'ora di cena: svegliarsi è stato come tornare al mondo avendo nove anni. Perché l'albero gli luccicava ancora accanto, perché se ne stava al caldo sotto una coperta morbida, perché sua madre gli ha chiesto se aveva voglia di una tazza di latte o di tè. Insonnolito, si è messo a pensare - confusamente, e senza nostalgia - alla distanza tra lui adesso e lui a nove anni. Tornare laggiù sarebbe stato come, in un videogioco, voler tornare al livello 1 o 2 avendone conquistati dieci. C'entravano la matematica e il segno meno: se avesse sottratto - ecco, che cosa? un pomeriggio di aprile a casa di sua nonna, lui nel gabinetto a guardare lo sciacquone che porta via il suo sperma, il primo bacio a occhi chiusi dato dietro la scuola, la prima sigaretta, eccitante, bellissima, la prima canna, la prima sbronza eroica e le seguenti - se avesse sottratto tutto questo, sarebbe bastato? Ma c'era stato tanto altro di mezzo! Ne voleva una prova immediata? Eccola."

Paolo Di Paolo, Una storia quasi solo d'amore (Ed. Feltrinelli) pagg. 62-63

Emmanuel Carrère, Vite che non sono la mia

#checosastoleggendo

Vite che sono la mia, la tua, la nostra. @DeLempicka

Emmanuel Carrère Vite che non sono la mia Einaudi Super ET pag. 236 euro 11,00

Niente mi pareva più prezioso di questa sicurezza, la certezza di potersi abbandonare fino all'ultimo istante tra le braccia di qualcuno che ci ama senza riserve. Hélène mi ha riferito quello che Juliette aveva detto alla loro sorella Cécile il giorno precedente, prima del nostro arrivo, quando era ancora in grado di parlare. Diceva che era contenta, che la sua piccola vita tranquilla era stata una vita riuscita. Sulle prime ho pensato che fosse una frase di conforto, poi che fosse sincera, infine che fosse vera. Ho pensato alla famosa frase di Fitzgerald: "Naturalmente ogni vita è un processo di demolizione", e quella no, non pensavo fosse vera. Non ogni vita, perlomeno. Forse quella di Fitzgerald. Forse la mia - al tempo lo temevo più di oggi. E poi non sappiamo che cosa succede all'ultimo momento, di sicuro esistono vite la cui apparente disfatta è ingannevole, perché si sono ribaltate in extremis o perché ci è sfuggito qualcosa d'invisibile. Di sicuro esistono vite apparentemente riuscite che invece sono un inferno e forse, per quanto sia orribile pensarlo, lo saranno fino alla fine. Ma quando Juliette giudicava la propria le credevo, e quello che mi spingeva a crederle era l'immagine di quel letto di morte sul quale Patrice la teneva tra le braccia. Ho detto a Hélène: sai, è successa una cosa. Ancora qualche mese fa, se avessi scoperto di avere un cancro, e che presto sarei morto, e mi fossi fatto la stessa domanda di Juliette: la mia è una vita riuscita? non avrei saputo rispondere come lei.