kayla montgomery

Storie di runner fuori dall'ordinario: Kayla Montgomery

Sabato mattina a Monza ho visto il maratoneta più veloce del mondo correre la distanza di 42 chilometri e 195 metri come stesse facendo un giro di pista da 400 metri. Si chiama Eliud Kipchoge, viene dal Kenya, ha 32 anni e di mestiere fa l’atleta. L’atleta olimpico per la precisione, perché lo scorso agosto era a Rio de Janeiro per correre la maratona e ha vinto la medaglia d’oro con un tempo di 2:08:44. A Monza c’è stata una competizione organizzata dalla Nike per provare a scendere sotto il limite delle due ore e Kipchoge non ce l’ha fatta solo per 26 secondi. Ho ancora negli occhi la sua falcata perfetta e l’espressione serena, come di qualcuno che sta semplicemente facendo il suo lavoro. Questa mattina, quando sono andata a fare il mio allenamento allo stadio di Caracalla, ho pensato a lui e al gruppo di lepri - gli atleti che conducono una parte della gara dando il ritmo giusto ai campioni - che lo precedeva. Delle macchine perfette e una fonte di ispirazione per chi corre e prova a migliorarsi nella sua tecnica.

Le storie di altri runner, degli altri atleti in generale, sono delle motivazioni costanti per i miei allenamenti. Sono la spintarella a buttarmi giù dal letto la mattina presto, a non crollare davanti a Netflix sul divano la sera, e a non farmi interrompere per sfinimento gli allenamenti più duri. Una delle mie preferite ve l’ho già raccontata qui su Shoot the runner: la storia di Roberta Gibb, prima donna a correre la maratona di Boston nel 1966, quando la competizione era esclusivamente aperta solo agli uomini.

C’è un’altra atleta di cui ogni tanto vado a riguardarmi i video che la riguardano su YouTube. Si chiama Kayla Montgomery ed è la protagonista di un bel documentario della ESPN dal titolo “Catching Kayla”. Capirete più avanti perché il “catching”.

Kayla ha 15 anni quando le viene diagnosticata la sclerosi multipla. Una malattia che neurodegenerativa che porta lesioni a carico del sistema nervoso centrale. Può progredire fino a impedire qualsiasi movimento a chi ne affetto.

Prima di sapere della sclerosi Kayla era la runner più lenta della scuola. La scoperta della malattia l’ha motivata a correre più veloce perché voleva dimostrare che la malattia non l’aveva cambiata. “Invece di fermarmi, mi ha motivata a battere record” ha detto in una delle numerose interviste concesse alla stampa americana. Sì perché oggi Kayla è una delle atlete più veloci non solo della sua scuola, ma dell’intero North Carolina, lo Stato in cui compete. Guardare Kayla correre è emozionante: finché è in movimento va tutto bene, ma quando si ferma i sintomi dell'intorpidimento ai muscoli ricompaiono e ci vogliono almeno 10 minuti perché possa “sentire” di nuovo le sue gambe, come si vede in questo video. Il suo allenatore è sempre alla linea di arrivo e la prende tra le braccia - catching Kayla appunto - per rassicurarla sul fatto che le sue gambe sono ancora lì e che va tutto bene.


“Ogni volta che corro penso che potrebbe essere l’ultimo giorno, domani potrei alzarmi e non essere in grado di muovermi”. Kayla ha un motivo in più per pensarlo e corre perché oggi “può farlo”. Be’, a me sembra la motivazione più forte di tutte.


SHOOT THE RUNNER

di Donata Columbro

Giornalista e consulente digitale con una missione: aiutare le storie a incontrare i lettori. Scrive di Africa e attivismo digitale su  InternazionaleWired ItaliaVita.it. Corre per godersi Roma quando non c'è nessuno per strada e lo racconta spesso su Snapchat (@dontyna).